1 Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3 Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4 Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5 Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6 Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7 e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
8 Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9 Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10 Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11 Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12 Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Giovanni 9,1-12

Non tralasciamo mai di aver presente la grande successione dei “segni” che il Signore dona per annunciare e comunicare la salvezza e la vita nuova: dalla festa nuziale di Cana, il “principio dei segni”, all’incontro con la Samaritana, alla guarigione del paralitico ai pani spezzati per i cinquemila, al perdono dell’adultera, e ora il miracolo della luce per il cieco nato: tutto concorda e guida il nostro cammino verso il cuore della nostra fede: la Pasqua di Gesù. Si può dire che per il Vangelo secondo Giovanni tutto e sempre è Pasqua!
Il “cieco dalla nascita”(ver.1) non ha mai visto la luce: Gesù lo fa rinascere dalle tenebre alla luce. Meravigliosa l’interpretazione che Gesù propone per cogliere il senso profondo di ogni situazione ed evento, anche la storia dolorosa del cieco mendicante: non si devono più considerare le “disgrazie” come punizioni per il male commesso, ma occasioni nelle quali si manifesta la potenza sanante del Signore. Tenebre che diventano luce: Pasqua, appunto. Tale è l’opera che Gesù è venuto a compiere. Tale è ormai il significato del tempo e la direzione profonda della storia. Il tempo, qui qualificato come il tempo di una giornata, deve ormai essere il tempo dell’illuminazione e della vita nuova: così i vers.4-5.
L’azione “terapeutica” di Gesù sembra evocare e alludere al gesto divino della creazione: così la terra e la saliva del ver.6. E poi il segno esplicitamente battesimale – la nuova creazione! – dell’acqua di Siloe, “che significa Inviato”, e cioè l’immersione in Colui che è stato inviato per la salvezza dell’umanità (ver.7), e dunque, la luce: “Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”.
E’ talmente “nuova” la condizione di quell’uomo, che su di lui ondeggiano pareri diversi: è lui, ma forse non è lui, proprio per sottolineare la radicale trasformazione della persona salvata dal Signore. E lui, che è non solo beneficiario, ma anche annunciatore del dono divino, e che afferma: “Sono io!”, dove la sua persona e la sua storia diventano testimonianza del dono di Dio. Anche nel seguito del nostro brano, sarà sempre preminente nelle parole e nell’atteggiamento dell’uomo nato cieco e portato alla luce la concretezza dell’evento. La stessa conoscenza del Signore da parte di quest’uomo sarà una crescita a partire da quello che in ogni modo è per lui indiscutibile: il suo passaggio dalle tenebre alla luce. Questo fatto è incontrovertibile! Ora lui non sa dove sia questo Gesù (ver.12), ma quello che sa con certezza semplice e assoluta è il “fatto” che gli è capitato. E’ con questa determinazione che egli racconta i fatti come si sono svolti.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Avere la certezza della fede oggi è come cercare al buio uno spillo che ci è caduto di mano: questo si dice in giro e questo avviene.Dobbiamo leggere nella nostra storia personale, dichiararci cristiani senza dimenticare Colui che ci mantiene in vita e ci salva;riconoscere i benefici ricevuti che ci hanno trasformati e dato una nuova vita; testimoniare il nostro vissuto passato e il nuovo di oggi.
Come il cieco, perfettamente come il cieco del Vangelo: senza titubanze ma con la certezza del segno cristiano che portiamo dentro di noi e ci avvolge. Credere senza aver visto: la grazia ci raggiunge in qualsiasi momento della nostra vita purché ci facciamo raggiungere, toccare da Gesù, come il cieco.
Gesù sgombra il campo da uno dei pregiudizi più diffusi: quel male, in questo caso la cecità, quella disgrazia non sono correlati con i nostri peccati, con i nostri errori di direzione nella vita, ma sono occasione che manifesta l’opera di Dio. Quale sarà in questo caso l’opera di Dio? Vengono aperti gli occhi perché possiamo vedere la verità su Dio stesso, sull’uomo, su ideologie e pregiudizi che rendono distorta la nostra vista… (anche gli errori delle religioni…) Possiamo vederci chiaro perché c’è Gesù, che afferma – con una di quelle frasi piene di splendore e di rivelazione – che lui è la luce del mondo. Egli è infatti l’uomo vero, quello immaginato dal Creatore, ed è Dio in senso vero e pieno. L’acqua di Siloe – per noi, l’acqua del nostro battesimo – è il segno di questa novità di luce e di vita che ormai ci avvolge.