52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 59 Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
Giovanni 6,52-59

Siamo alla fine di questa grande catechesi di Gesù sul Pane della vita. La sua Parola provoca un’aspra discussione – alla lettera dice che i Giudei “duellavano” tra loro – un litigio causato dall’affermazione di Gesù sulla assoluta necessità che si mangi la sua carne: chi è questo Gesù che pretende che si mangi la sua carne? Chi pensa di essere? Come osa pensarsi così potente? Dunque, “come può costui darci la sua carne da mangiare?” (ver.52).
Ma Gesù fermamente risponde che se non si mangia la sua carne e non si beve il suo sangue, “non si ha la vita in se stessi”! (ver.53). Al contrario, “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (ver.54).
Sento la necessità e il dovere a questo punto di fermarmi un momento con voi per riflettere su questa Parola di Gesù! Per noi non è difficile cogliere che Egli ci sta parlando della comunione profonda con Lui che è l’Eucaristia. Però mi sembra necessario ricordare con voi che l’Eucaristia è prima di tutto l’incontro con Lui, e quindi con la sua Parola! E poi, nella pienezza di questo incontro, è il nutrirsi di Lui nella divina Eucaristia! Nutrimento dunque, che è fatto di ascolto di Lui e di nutrirsi di Lui. Perché insisto su questo? Perché mi sembra che oggi ci sia un problema molto profondo, e cioè che la Liturgia eucaristica sia spesso molto povera per quello che riguarda l’ascolto e il nutrimento della Parola del Signore. Ma senza questo, senza un legame profondo tra Parola e Pane, anche il Sacramento dell’Eucaristia ne resta impoverito, fino al pericolo di una caduta di significato. Più semplicemente, la Messa è sempre la Messa! Ma non possiamo impoverire l’evento supremo della nostra salvezza, lo dico per noi preti, immiserendo l’ascolto della Parola. Molti oggi sono molto arrabbiati con noi preti per le nostre “omelie”, che non sono un umile e attento servizio all’ascolto della Parola, ma spesso sono chiacchere e lamenti e rimproveri, e non sono “diaconia della Parola”. Scusate la digressione!
“La mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda”. Ascoltiamo con attenta commozione il ver.56: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”, e questo verbo molto importante per il Vangelo di Giovanni: il “rimanere” l’uno nell’altro, noi, ciascuno di noi e noi tutti insieme, e il Signore! Ecco la pienezza della Comunione!
Il ver.57 dice come per questo la vita cambia radicalmente e noi viviamo come vivono insieme il Padre e il Figlio: l’uno per l’altro, e l’uno che vive perché l’altro lo fa vivere. Così noi viviamo per il Signore Gesù: la nostra vita è tutta sostenuta da Lui e noi viviamo per il Signore come il Signore vive per noi, offerti l’uno all’altro!
L’antico pane, la manna del deserto, era profezia di questo. Era segno e attesa del vero Pane di Dio. Per questo, i padri ”ne mangiarono e morirono”. Invece: “chi mangia questo pane vivrà in eterno”.
Oggi affido all’affetto della vostra preghiera un fratellino con il quale ho avuto un incontro straordinario: quindicenne, non era battezzato, e stava molto male, all’ospedale, in attesa di un cuore che sostituisse il suo, molto malato. Il pericolo era alto e i suoi genitori mi hanno chiesto di battezzarlo. Non ha potuto nutrirsi del pane di cui oggi ascoltiamo, perché non poteva assumere niente per nutrirsi normalmente, e ieri ha fatto la sua Pasqua verso il Signore. Ricordiamo con grande affetto i suoi genitori: Elia è il loro unico figlio. Chiediamo a Elia di pregare per i suoi cari, perché siano consolati.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La mia attenzione è stata attirata dalla differente prospettiva dei Giudei rispetto a quella di Gesù: i primi sono preoccupati del come Lui possa dare da mangiare la propria carne, Gesù del perché sia indispensabile nutrirsi di Lui. Gesù solo apparentemente non risponde alla loro obiezione, ma in realtà dà loro la chiave di comprensione, che essi sembrano non cogliere. Gesù parla in termini abbastanza chiari di un banchetto rituale, della partecipazione ad un sacrificio che si ottiene consumando per l’appunto la carne della vittima. In modo specifico si riferisce al sacrificio della Pasqua, all’Agnello immolato. Ricordiamo che in questo rito anche il sangue, pur non bevuto, viene asperso come garanzia di appartenenza e quindi di salvezza. Ora tutto mi è più chiaro (forse perché conosco anche tutto il seguito della faccenda): non si tratta di cannibalismo, ma della necessità per ognuno di noi di partecipare intimamente al mistero della croce, al sacrificio dell’Agnello, fino ad identificarci con Lui. Lui ci ha presi e ci ha portati con sé in questo percorso di morte e di risurrezione.
Per me, oggi, il senso delle parole di Gesù che abbiamo letto in questi giorni è il Suo invito a lasciarmi abbracciare da Lui così strettamente e potentemente tanto che sia Lui stesso a trasportarmi lungo la mia giornata e la mia vita.