20 Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». 21 Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». 22 Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». 23 Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».
Giovanni 21,20-23

Nei versetti conclusivi del Vangelo di Giovanni che ci ha accompagnato e illuminato in questi mesi ricompare “il discepolo che Gesù amava”.
Mi sembra volutamente molto sottolineato e bello il fatto che compaia immediatamente dopo al dialogo tra Pietro e Gesù, con cui il Signore riporta Pietro alla consapevolezza che il suo essere discepolo, nonostante le sue debolezze e il rinnegamento, è essenzialmente il suo voler bene a Gesù, per tre volte riconfermato.
Ed ecco che oggi, accanto a Pietro – “il discepolo che ama Gesù” – incontriamo anche “il discepolo che Gesù ama”. Sono i due volti dello stesso amore, che è anche il nostro essere discepoli: lo siamo perché Gesù ci ama, e lo siamo perché Gesù ci incoraggia a riconoscere che lo amiamo.
E dice il v.20 che entrambi, Pietro e il discepolo amato, seguono Gesù. Seppure in modi che possono sembrare o essere diversi: uno “tendendo le mani e accettando di venire condotto dove non vuole”, e l’altro “rimanendo finchè il Signore venga”. Eppure, misteriosamente, entrambi i discepoli, insieme, seguono Gesù. È la rassicurazione che nell’amore di Gesù (amati da Lui e amandolo) siamo insieme, in comunione anche tra di noi, suoi discepoli, seppure nei modi vari e diversi che la vita e il Signore ci offrono.
E si diffonde la voce, che non corrisponde al vero, quel quel discepolo amato non sarebbe morto. Il commento che il v. 23 fa su questa voce errata: “Gesù non gli aveva detto così”, ci invita ad attenerci con cura alle parole del Signore e ritornare continuamente ad esse con umiltà e letizia, riconoscendo che anche noi stessi discepoli possiamo rischiare di darne una interpretazione sbagliata, specie quando riferite ad altri.