1 Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2 Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4 E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5 Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». 6 Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7 E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8 Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9 Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10 e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». 11 Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. 12 Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni.
Giovanni 2,1-12

Vi do un consiglio: ascoltando questa Parola delle nozze di Cana, tenete vicino anche Gv.19,25-27. Il legame tra i due brani è profondo e si illuminano reciprocamente! Così possiamo dirci che questo “inizio dei segni”, alla lettera “principio dei segni”, anticipa e consegna alla Pasqua del Signore la fisionomia e la sostanza delle “nozze” tra Dio e l’umanità!
La singolarità di queste “nozze di Cana” è che i protagonisti reali non sono tanto gli sposi, quanto la Madre e Gesù, e tutto questo, appunto con un riferimento forte a quel passaggio della Passione secondo Giovanni in Gv.19,25-27.
Giovanni cita la presenza della Madre solo qui e in quel testo. Non la chiama con il suo nome, ma la chiama “Madre” e “Donna”.
Notiamo che a queste nozze, che rischiano di naufragare per la mancanza del vino, la “madre di Gesù” è presente (ver.1).
A queste nozze Gesù viene “invitato”, o meglio, alla lettera, “chiamato”: la grande vicenda profetica della Prima Alleanza chiama, invoca, attende, la salvezza che Gesù porta con la sua comunione nuziale con l’umanità, rappresentata dal piccolo popolo che ne ha custodito la profezia.
Pensiamo a quanto l’immagine delle nozze sia presente nell’’Antico Testamento per dire la relazione e la comunione tra Dio e il suo popolo! Così, il “primo dei segni” compiuto a Cana dice il cammino che porterà Gesù fino all’ultimo, supremo segno del suo sacrificio d’amore nuziale.
La Madre è la grande figura di collegamento tra questa umanità che attende le nozze e il Figlio di Dio che viene come Sposo! La Madre denuncia la mancanza essenziale: “Non hanno vino” (ver.3).
Sulle labbra del Signore la Madre diventa “la Donna”! E, notate, lo diventa con l’accompagnamento di una parola che dice distanza e separazione: “Donna, che vuoi da me?”, alla lettera, e meglio: “Che cosa c’è fra me e te?” e l’aggiunta preziosa: “Non è ancora giunta la mia ora”, quell’ora della Croce d’amore, appunto!
Il termine “Donna”, mi sembra abbia qui due significati: da una parte ricorda i primogenitori e la delicata vicenda di Eva. Dall’altra è semplicemente un appellativo nuziale! E di queste “nozze” tra Dio e l’umanità che si compiranno a Pasqua “non è ancora giunta l’ora”! Cana è allora un “segno” che anticipa l’ora, e dice il significato profondo di questa venuta del Figlio di Dio per le sue nozze con l’umanità!
La Madre chiede ai servi di fare quello che Gesù dirà loro! L’espressione è felicissima per dirci che in tal modo i “servi” della Prima Alleanza” , “facendo la Parola di Gesù” diventano discepoli! Infatti, diversamente dal maestro di tavola e dallo sposo figli della Prima Alleanza, “sapranno” di quell’acqua diventata vino nuziale! (ver.9).
La Madre diventa allora “la Donna” delle grandi nozze della Seconda Alleanza nel sangue del Figlio. Torniamo allora a riascoltare Gv.19,25-27 per trovarvi un “discepolo amato – figlio” che diventa segno dello Sposo quando “accoglie con sé” la Madre-Donna.
A Cana si capovolge il ritmo implacabile del tempo. Come dice il maestro di tavola allo sposo, nella “mondanità”, nella realtà del mondo, tutto va dal buono al meno buono, come dire dalla vita alla morte! A Cana, invece, il vino buono è stato custodito-tenuto da parte fino ad ora! Dal meno buono al buono, dalla dispersione alle nozze, dalla morte alla vita! Tale è l’opera del Signore Gesù.
Tale è il significato profondo di tutti i “segni” che Lui compirà e che questo Vangelo di Giovanni custodisce, iniziando da questo primo, che Egli solo ricorda!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
In questa bella festa è venuto a mancare il vino. Nel rito matrimoniale il momento culminante – dicono gli esperti – era quello in cui lo sposo e la sposa bevevano dallo stesso calice. Il vino era il simbolo del loro amore. Nella relazione sponsale tra Dio e il suo popolo era venuto meno proprio l’amore. (E la nostra relazione con il Signore com’è?). Ci piacerebbe essere pronti come quei servi, quei diaconi che riempirono le anfore, e “fare quello che (Egli) ci dice”… Le anfore di pietra sono lo strumento e il simbolo della purificazione rituale. Ora – per noi, discepoli di Gesù – non ce n’è più bisogno: dobbiamo solo accogliere l’amore di Dio, ed è quello che purifica l’uomo.
Il terzo giorno: all’inizio della narrazione, questa collocazione temporale stabilisce un richiamo e un parallelo con il terzo giorno che completa l’ora di Gesù, il giorno della resurrezione dell’Agnello immolato che, nella gloria, mostra il sangue brillante che sgorga dalla sua ferita. Questo chiarisce e ulteriormente conferma, e ce ne è sempre bisogno, come si debba guardare all'”ora” di Gesù come alle grandi nozze dell’Agnello. A Cana, quando questa “ora” non è ancora giunta, le nozze sono inondate da una spropositata quantità di vino (da 480 a 720 litri: sono almeno 640 bordolesi ammesso e non concesso che già le usassero), e per di più di ottimo vino. A Pasqua il segno dell’ottimo vino sarà finalmente sostituito dalla realtà del sangue dell’Agnello, lo Sposo nel cui sangue, ancora più sovrabbondante del vino di Cana, sono lavate le vesti dell’umanità redenta e passata attraverso la grande tribolazione.
Mi commuove constatare che di fronte alla meraviglia di queste nozze dell’Agnello con tutta l’umanità sta la nostra povertà, anche la povertà delle nostre nozze, visitata familiarmente da Gesù. Questa visita, Gesù seduto al nostro povero banchetto, cambia tutta la nostra vita, ci dona una possibilità nuova. Perché la nostra quotidianità visitata dal Signore e dai suoi amici diventi segno eloquente delle vere, grandi e definitive Nozze ci è richiesto di fare “qualsiasi cosa egli ci dica”, ma in realtà ci è richiesto solo di versare la nostra povera acqua insipida nelle grandi anfore.