12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
L’accogliere il Verbo, la luce vera, non è né capacità, né merito dell’uomo, ma puro dono di Dio. “Quelli che credono nel suo nome” (ver.12) hanno dunque ricevuto il dono della fede –“credono” – e quindi “lo hanno accolto”, e per questo hanno ricevuto in dono la potenza di “diventare figli di Dio”. Tutto dunque è come sempre solo grazia di Dio!
E notate che “il suo nome” non è espressamente citato! Lo sarà solo ben più avanti, al ver.29, quando Giovanni, vedendo Gesù, dirà di Lui: “Ecco l’Agnello di Dio…”.
Ora, di questi “figli di Dio” il Vangelo dice che “non da sangue (alla lettera direbbe “non da sangui”), né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (ver.13).
Non ho trovato aiuto nelle note per questa precisazione “non da sangue (sangui), né da volere di carne, né da volere di uomo …”. Certamente è per sottolineare che niente dipende da noi, e tutto è operato e generato da Dio. Forse i “sangui” fanno riferimento ai sacrifici della Prima Alleanza, il “volere di carne” dice la potenza fisiologica della generazione, e “il volere di uomo” forse allude ad una decisione umana consapevole… Tuttavia resta certamente che tutto dine dalla volontà e dal dono di Dio.
Mi riempie di stupore e di commozione che anche di noi, (soprattutto di me, peccatore e di poca fede), dice che siamo proprio “generati” da Dio!. Nella fede del Figlio, anche noi generati e diventati figli di Dio!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Roberto
il 16 Maggio 2016 alle 15:28
“Diventare figli di Dio”: figli di Dio – commenta A. Maggi – non si nasce, ma si diventa. E come? Si è figli, secondo la cultura ebraica, se si assomiglia al padre nel comportamento. Pertanto si è figli di Dio se si assomiglia a Lui nella pratica dell’amore. Dio ama senza guardare i meriti delle persone, ama senza chiedere nulla in contraccambio, ci perdona in tutti i nostri errori… Si diventa figli di Dio se si ama così. – “Non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”: in ebraico – dice Maggi – il plurale di sangue significa “spargimento di sangue”; c’è quindi qui un chiaro riferimento alla morte di Gesù, dal cui costato uscirono sangue e acqua. I figli, allora, sono stati generati non da un sangue qualunque, ma dal sangue di Gesù; non sono nati per un disegno di una carne o di un uomo qualunque, ma dalla carne di Gesù. Generati da Dio.
Stefano
il 16 Maggio 2016 alle 18:23
Mi colpisce come questi brevi versetti siano tutti centrati sulla relazione. Questo piccolo spiraglio di accoglienza lasciato aperto, disponibile alla relazione con la luce che viene. In questa disposizione all’accoglienza irrompe la potenza imprevista e inimmaginabile della luce che cambia tutta la prospettiva: dal nostro povero gesto all’innesto nella relazione filiale con Dio. Mi pare di identificare nell’accoglienza l’atteggiamento proprio del povero: ecco perché, mi pare di capire, il dono della fede e della figliolanza con Dio non dipende né dalla stirpe (il sangue), né dalla potenza umana (la carne), né dall’intelligenza o dalla sapienza dell’uomo, ma è puro dono di Dio per il povero disponibile all’accoglienza, disarmato e senza risorse umane sulle quali confidare.
L’accogliere il Verbo, la luce vera, non è né capacità, né merito dell’uomo, ma puro dono di Dio. “Quelli che credono nel suo nome” (ver.12) hanno dunque ricevuto il dono della fede –“credono” – e quindi “lo hanno accolto”, e per questo hanno ricevuto in dono la potenza di “diventare figli di Dio”. Tutto dunque è come sempre solo grazia di Dio!
E notate che “il suo nome” non è espressamente citato! Lo sarà solo ben più avanti, al ver.29, quando Giovanni, vedendo Gesù, dirà di Lui: “Ecco l’Agnello di Dio…”.
Ora, di questi “figli di Dio” il Vangelo dice che “non da sangue (alla lettera direbbe “non da sangui”), né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (ver.13).
Non ho trovato aiuto nelle note per questa precisazione “non da sangue (sangui), né da volere di carne, né da volere di uomo …”. Certamente è per sottolineare che niente dipende da noi, e tutto è operato e generato da Dio. Forse i “sangui” fanno riferimento ai sacrifici della Prima Alleanza, il “volere di carne” dice la potenza fisiologica della generazione, e “il volere di uomo” forse allude ad una decisione umana consapevole… Tuttavia resta certamente che tutto dine dalla volontà e dal dono di Dio.
Mi riempie di stupore e di commozione che anche di noi, (soprattutto di me, peccatore e di poca fede), dice che siamo proprio “generati” da Dio!. Nella fede del Figlio, anche noi generati e diventati figli di Dio!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Diventare figli di Dio”: figli di Dio – commenta A. Maggi – non si nasce, ma si diventa. E come? Si è figli, secondo la cultura ebraica, se si assomiglia al padre nel comportamento. Pertanto si è figli di Dio se si assomiglia a Lui nella pratica dell’amore. Dio ama senza guardare i meriti delle persone, ama senza chiedere nulla in contraccambio, ci perdona in tutti i nostri errori… Si diventa figli di Dio se si ama così. – “Non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”: in ebraico – dice Maggi – il plurale di sangue significa “spargimento di sangue”; c’è quindi qui un chiaro riferimento alla morte di Gesù, dal cui costato uscirono sangue e acqua. I figli, allora, sono stati generati non da un sangue qualunque, ma dal sangue di Gesù; non sono nati per un disegno di una carne o di un uomo qualunque, ma dalla carne di Gesù. Generati da Dio.
Mi colpisce come questi brevi versetti siano tutti centrati sulla relazione. Questo piccolo spiraglio di accoglienza lasciato aperto, disponibile alla relazione con la luce che viene. In questa disposizione all’accoglienza irrompe la potenza imprevista e inimmaginabile della luce che cambia tutta la prospettiva: dal nostro povero gesto all’innesto nella relazione filiale con Dio. Mi pare di identificare nell’accoglienza l’atteggiamento proprio del povero: ecco perché, mi pare di capire, il dono della fede e della figliolanza con Dio non dipende né dalla stirpe (il sangue), né dalla potenza umana (la carne), né dall’intelligenza o dalla sapienza dell’uomo, ma è puro dono di Dio per il povero disponibile all’accoglienza, disarmato e senza risorse umane sulle quali confidare.