6 Allora il Signore Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò una grande gioia per quel ricino.
7 Ma il giorno dopo, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rodere il ricino e questo si seccò. 8 Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d’oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venir meno e chiese di morire, dicendo: «Meglio per me morire che vivere».
9 Dio disse a Giona: «Ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di ricino?». Egli rispose: «Sì, è giusto; ne sono sdegnato al punto da invocare la morte!». 10 Ma il Signore gli rispose: «Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: 11 e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?».
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Siamo alla fine del nostro Libro, quando Dio difende presso Giona la sua opera di misericordia; ma forse, più profondamente, difende Se stesso. E non si difende subito a parole, ma attraverso uno “scherzo” che definirei piuttosto cattivello, ma, come vedremo, di straordinaria importanza per Dio stesso.
Al ver.6 dobbiamo prendere atto che il riparo nel quale Giona si colloca al ver.5 per “vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città”, è in realtà molto disagevole e insufficiente, al punto che si deve dire del “male” che Giona patisce. E per sollevarlo da ciò Dio fa crescere con miracolosa rapidità questa pianta di ricino che fa ombra e libera il profeta dal suo male. Grande appare l’intervento del Signore. Grande è la gioia di Giona per quel ricino. Ma al ver.7 Dio opera in senso contrario e tutto finisce. Finisce anche la gioia di Giona, che rientra nella sua precedente tristezza e torna a desiderare la morte, esattamente come al ver.3, al punto che questo suo desiderio viene espresso con le stesse identiche parole:”Meglio per me morire che vivere”. Notiamo quindi che il rifiuto di Giona per la misericordia divina ha un forte e diretto riferimento alla sua soggettività: bisogna cioè dire che la misericordia divina verso la città non solo per Giona “è male”, ma anche “lo fa star male”.
Ma a questo punto emergono alcuni dati importanti proprio per quello che riguarda Dio stesso. Nella discussione che nasce tra Lui e Giona ai vers.9-10, si svela implicitamente che Dio ha avuto una sua forte e diretta partecipazione all’esistenza e al percorso storico di questa grande città pagana. Sembra infatti di dover dedurre che Dio rivendica la legittimità di quello che ha fatto per la redenzione di Ninive, a partire da quello che ha fatto per essa, diversamente da Giona che quella pianta di ricino se l’è semplicemente goduta nel breve tempo della sua effimera esistenza.
Ma soprattutto mi sembra che il punto culminante sia che Dio deve “aver pietà di Ninive”(ver.11), non solo perchè essa gli appartiene gli appartiene, ma anche e forse soprattutto per quello che sembra di dover dedurre dall’intreccio delle due realtà: l’importanza del ricino per Giona, e l’importanza della grande città per Dio. Come per Giona è preziosissima la protezione di quella pianticella, per la quale prova grande gioia, così… – perdonate la mia follia – per Dio è preziosa l’ombra protettrice di Ninive, e per questo Egli “deve aver pietà di Ninive”. Non solo perchè Ninive è messa male, e Dio è buono e le vuol bene…,ma anche perchè Ninive è gioia per Dio che gode di poter stare alla sua ombra! Amen.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Sorprende anche me la piccolezza di Giona e la sua dipendenza totale dal Signore: basta una pianta di ricino cresciuta nella notte! E’ una pianta che lo copre dal male, lo ripara, lo libera… una pianta del Signore, molto diversa forse dal riparo di foglie che si era costruito da solo. E questa piantina gli da una grandissima gioia. Ma appunto tanto quanto in fretta è arrivata, tanto in fretta se ne va. Mi conforta che è il Signore che fa tutto, con la sua sapienza infinita, lo conduce, gli parla, lo aiuta a scoprire la sua misericordia.
Noi siamo piccoli come Giona e come lui siamo messi alle strette dal Signore!
Oggi finisce il nostro bellissimo ritiro.
E’ qualche giorno che pensando a Giona mi gira nella testa il passo della regola sulla grazia “per la quale siamo potati e lavorati finché il corpo della nostra miseria sia fatto conforme al corpo della sua gloria.” Mi sembra che Dio voglia per i niniviti la salvezza ma che per Giona voglia questa conformità a sè. Lo vuole obbediente alla sua parola, lo vuole misericordioso… E per questo lo conduce a esperienze di morte e resurrezione, a me pare con grande tenerezza.