1 Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. 2 Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore, suo Dio, 3 e disse:
«Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha risposto; dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce. 4 Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare, e le correnti mi hanno circondato; tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati. 5 Io dicevo: “Sono scacciato lontano dai tuoi occhi; eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio”. 6 Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, l’abisso mi ha avvolto, l’alga si è avvinta al mio capo. 7 Sono sceso alle radici dei monti, la terra ha chiuso le sue spranghe dietro a me per sempre. Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore, mio Dio. 8 Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore. La mia preghiera è giunta fino a te, fino al tuo santo tempio. 9 Quelli che servono idoli falsi abbandonano il loro amore. 10 Ma io con voce di lode offrirò a te un sacrificio e adempirò il voto che ho fatto; la salvezza viene dal Signore».
11 E il Signore parlò al pesce ed esso rigettò Giona sulla spiaggia.
Giona 2

Facciamo grande attenzione al ver.1. Il grosso pesce che inghiotte Giona è un pesce femmina. Disponendo così, il Signore opera la grande trasformazione! La morte diventa “grembo” della vita nuova! Potente la profezia che Gesù riprenderà applicandola a Sé , come possiamo ascoltare in Matteo 12,43-45 e in Luca 11,24-26: Giona “restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti”. Il grembo del pesce non è luogo di morte, ma di preghiera! “Dal profondo deli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce”(ver.3).
Quello che gli è accaduto Giona lo reinterpreta come azione salvifica di Dio che lo ha trascinato nella morte per donargli la vita nuova: “Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore, mio Dio”(ver.7). Così, la “Pasqua” di morte e risurrezione non è solo l’annuncio di quello che avverrà oltre la vita terrena, ma è l’esperienza viva e profonda della misericordia divina e della nostra rinascita dal peccato alla grazia. Questa è la grande grazia della preghiera: “Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore. La mia preghiera è giunta fino a Te, fino al tuo santo tempio”.
Il ver.9 smaschera gli “idoli falsi”, che ci ingannano inducendoci ad abbandonare il nostro amore, cioè l’amore misericordioso di Dio che vuole strapparci anche dal precipizio più profondo. Così, “il Signore parlò al pesce ed esso rigettò Giona sulla spiaggia”(ver.11). Mi sembra di sentire la voce di Gesù: “Lazzaro, vieni fuori”(Gv.11,43).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
L’angoscia opprimente fa parte della nostra esperienza umana. Il salmo fa uso qui di immagini potenti: affondare nelle acque mentre i flutti e le onde ci passano sul capo, essere avvolti dall’abisso o sprofondare alle radici dei monti… Abbiamo però la certezza di essere nelle mani del Signore, anche se momentaneamente “scacciati lontano dai suoi occhi”(v.5). Egli “dispone” (v.1) e la cosa è fatta; parla al pesce e lui obbedisce (v.11). La salvezza viene dal Signore; “hai fatto risalire dalla fossa la mia vita”(v.7): grazie a te, lode a te, Signore mio Dio.