7 Quindi dissero fra di loro: «Venite, tiriamo a sorte per sapere chi ci abbia causato questa sciagura». Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. 8 Gli domandarono: «Spiegaci dunque chi sia la causa di questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?». 9 Egli rispose: «Sono Ebreo e venero il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra». 10 Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: «Che cosa hai fatto?». Infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva lontano dal Signore, perché lo aveva loro raccontato.
11 Essi gli dissero: «Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?». Infatti il mare infuriava sempre più. 12 Egli disse loro: «Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia».
13 Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano, perché il mare andava sempre più infuriandosi contro di loro. 14 Allora implorarono il Signore e dissero: «Signore, fa’ che noi non periamo a causa della vita di quest’uomo e non imputarci il sangue innocente, poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere». 15 Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia. 16 Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e gli fecero promesse.
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Il senso profondo della Parola che oggi il Signore ci regala mi sembra essere l’annuncio della fede. La concezione di dio che hanno i marinai è quella tipicamente “religiosa” come già ieri notavamo. La fede ebraico-cristiana si pone su un altro piano, e cioè è tutta condotta dal rapporto personale che Dio apre con la nostra persona. Questo avviene attraverso la sua Parola e la nostra accoglienza della Parola. Per questo, le domande che fanno a Giona quegli uomini riguardano ancora un orizzonte “magico” della religione, e in fondo loro pensano che quello che accade sia dovuto alla persona, all’etnia o all’arte di quell’uomo. L’annuncio che ricevono da Giona li porta nella prospettiva nuova della fede! “Sono ebreo e venero il Signore…” Noi non possiamo forse renderci conto come questa affermazione sia di enorme portata. E lo è anche rispetto alla nostra teologia razionale, nella quale manca in realtà il dato centrale di questa relazione tre Dio e l’uomo nella storia. Per questo è del tutto illuminante il suo racconto circa la sua “fuga” da Dio. Si tratta infatti della “storia della salvezza” che Dio sta scrivendo nella persona e nella vita di Giona.
Ma a questo punto sento assolutamente necessario affermare quanto sia importante che noi ascoltiamo queste parole nella prospettiva evangelica del “segno di Giona” che Gesù espliciterà. Gesù, infatti è ….un “Giona rovesciato”, e osservare questo è meraviglioso e molto fecondo. Quindi, teniamone conto. Questo tra l’altro è il cammino che ci porta al cap.2 di questo Libro che sviluppa apponto quel “segno di Giona” che Gesù evidenzia.
Così, ai vers.11-12, Giona dice che a loro non resta che buttarlo a mare e questo risolverà radicalmente il dramma nel quale si trovano. Ricordate che noi vedevamo lui scendere e scendere, fino al punto più basso della nave, e ne coglievamo il segno della sua “morte”, in quanto separazione dal suo Signore. Adesso questo buttarlo a mare non è altro che ulteriore conferma della separazione tra Dio e Giona.
E’ affascinante anche il ver.13, con il tentativo di evitare ai marinai di buttare a fondo Giona. Ma non ci riescono. Non c’è altro da fare. Solo la morte di Giona li può salvare! Meravigliosa è la loro “preghiera” a che non sia imputato poi a loro un sangue innocente! Pensiamo sempre a Gesù! In fondo questo getta un’ombra di relatività su tutti i protagonisti della passione e della morte di Gesù: è evidente che alla fine essi sono solo “strumenti” dell’evento fondamentale che è quello della relazione e della comunione tra Gesù e il Padre. Giona è il “segno ribelle” dell’obbedienza di Gesù fino alla morte di croce! Gettato Giona-Gesù nella morte, la morte e la sua violenza scompaiono.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Bella la professione di fede del v.9: “Sono ebreo”; viene da pensare a tutte le volte che, nella vicenda umana, queste parole sono state ripetute, gravide di conseguenze spesso tragiche. “Venero il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra”: il Signore è creatore dell’universo, ma non se ne sta lassù, a guardare indifferente; interagisce con le sue creature, dialoga con loro, le invia, le insegue…, come illustra questo capitolo. Anche questi marinai pagani sono portati alla conoscenza del vero Dio: conoscono “il timor di Dio”, gli offrono sacrifici e gli fanno promesse (v.16); anche se sono “promesse di marinaio”, sembrano venire da cuori sinceri e da retta intenzione.