1,1 Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: 2 «Alzati, va’ a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me». 3 Giona però si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore.
4 Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. 5 I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio dio e gettarono a mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato e dormiva profondamente. 6 Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: «Che cos’hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo». 7 Quindi dissero fra di loro: «Venite, gettiamo le sorti per sapere per colpa di chi ci è capitata questa sciagura». Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. 8 Gli domandarono: «Spiegaci dunque per causa di chi abbiamo questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?». 9 Egli rispose: «Sono Ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra». 10 Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: «Che cosa hai fatto?». Quegli uomini infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva il Signore, perché lo aveva loro raccontato.

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Non mi stanco di ricordare che l’espressione “fu rivolta questa parola…” esprime sempre, nel suo significato letterale, l’ “avvenimento” della Parola, cioè quando la Parola diventa un avvenimento della tua vita. Appunto come in questo momento per me e per voi. Siamo cioè ad un livello ben diverso e ben più avanzato di esperienza rispetto alla semplice annotazione che “stiamo leggendo la Parola” o che “stiamo pregando sulla Parola”. Il dato principale di questa esperienza non vede noi come protagonisti, ma appunto la Parola, che è il soggetto della frase e il protagonista del fatto di cui io sono, se va bene, il destinatario. Dico “se va bene”, perchè è certamente una grazia – e non una nostra dote o capacità – il fatto che la Parola ci raggiunga e noi possiamo di essa qualcosa cogliere e accogliere. E mi sembra anche importante sottolineare che la Parola è sempre “questa Parola”, cioè la Parola che Dio, attraverso molte mediazioni umane, di fatto, oggi mi regala!
Sono già numerosissimi i passaggi di grande rilievo in questi primi dieci versetti del libro, e non posso che attraversarli troppo velocemente, e per tutti i miei limiti spirituali prima che intellettuali, con grande superficialità. Ma tutto è per fortuna affidato alla vostra fede e alla vostra preghiera! Ninive è una grande città pagana (siamo nell’attuale Irak!), e Dio si mostrerà per tutto il libro molto interessato alla sua sorte e alla sua salvezza; e questo è il motivo della fatica, dello sdegno e della fuga di Giona. A Dio Ninive interessa molto! Il male di Ninive sale a Lui! Lo riguarda!
Disobbedendo e fuggendo dal Signore Giona “scende”: scende a Giaffa (ver.3); e “scende” anche nella nave, là dove l’italiano dice “s’imbarcò”, sempre al ver.3; al ver.5 Giona “scende” nel luogo più riposto della nave. La sua fuga da Dio è inevitabilmente una “discesa”; in Giona 2,7 dirà di essere “sceso alle radici dei monti”.
E’ impressionante la differenza tra il rapporto che Giona ha con il suo Dio e la religiosità degli altri. Lo stesso verbo dice, al ver.5 per i marinai, e al ver.9, per Giona quando in italiano è detto “venero”; per lui è “il timor di Dio”, e cioè la realtà di una vita vissuta “alla presenza di Dio”, per i marinai è paura che li spinge e invocare “ciascuno il propio dio”.
Appare scandaloso l’atteggiamento di Giona, che diversamente dalle impaurite invocazioni degli altri, dorme pesantemente nella stiva. Questo, e il fatto probante della sorte che cade su di lui e lo indica responsabile della terribile tempesta, tutto evidenzia la colpevolezza dell’ebreo! Al ver.10, essi, pur avendo già saputo da Giona stesso che “egli fuggiva dal Signore”, gli domandano “che cosa hai fatto?”. Questo particolare mi ha molto preso, perchè mi sembra rivelare tutta la particolarità della fede ebraica – e quindi cristiana! – rispetto alle “religiosità” del mondo.
E questo mi sembra l’apice – il dato supremo – del nostro testo di oggi: la fede! Ci possiamo chiedere: Giona ha la fede o no? Sicuramente ha la fede, perchè lui stesso dice di temere Dio e parla di Dio con sicurezza. Per un ebreo – e quindi per un cristiano, ma qui il discorso rischia di farsi complicato – la fede non è solo il convincimento di pensiero circa l’esistenza di Dio. E non è solo l’adesione ad un dato codice morale o a una particolare interpretazione della vita. La fede è soprattutto e prima di tutto una “relazione”, una relazione che Dio stabilisce con una persona, e una relazione che accompagna l’esistenza della persona. In questa prospettiva Giona “non ha la fede”, non perchè pensa che Dio non esiste, ma perchè “non vuole” stare in relazione con Lui, non gli vuole obbedire, non ne condivide il pensiero e il progetto. La “non fede” di Giona – lo capite bene – è una enorme fede! Con tutti i suoi drammi e le sue meravigliose avventure. E’ una relazione vorticosa. E’ certamente la relazione interpersonale più importante per Giona come per ognuno di noi, sia che siamo d’accordo con Dio e vogliamo camminare con Lui, sia che siamo in fuga anche noi verso Tarsis. Questa è la rivelazione meravigliosa e sconvolgente che oggi il Signore ci regala. In questo orizzonte gli stessi “comandamenti” sono, nell’esperienza viva della Parola, la viva Parola che Dio oggi ci rivolge: è Vangelo. Non è Legge.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi affascina affiancare la figura di Giona a quella delle donne che oggi vedono Gesù risorto vicino al Sepolcro e delle guardie dei sommi sacerdoti, secondo il vangelo di oggi Mt 28,9-15. Tutti hanno un annuncio da dare importante. Ma Giona audacemente fugge da Dio, si rintana nella nave, dorme durante la tempesta… Non vuole avere a che fare con Dio! Le guardie raccontano tutto quello che è accaduto ma prendono il denaro per spargere una diceria falsa. Le donne invece gli corrono incontro, lo abbracciano, lo adorano e vanno. Non hanno dubbi sul fatto che è Gesù in carne ed ossa e partono felici! Sono loro le prime annunciatrici della resurrezione.