11 Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; 12 infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. 13 Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, 14 superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. 15 Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque 16 di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, 17 senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.
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Il Vangelo “non segue un modello umano”, dice il v.11: alla lettera, “non è secondo l’uomo”, non è cosa umana. E noi lo sappiamo bene: Dio che è padre e sa solo perdonare, “chi crede in me non morirà…”, “amatevi come io vi ho amato”, ecc. Il Vangelo è novità assoluta e Paolo lo ha ricevuto “per rivelazione di Gesù Cristo”(v.12). Come è avvenuta questa rivelazione? Egli precisa che Dio si compiacque di “rivelare in me il Figlio suo”(v.16): importante quel “in me”: è una manifestazione interiore, nell’intimo dell’uomo, poiché è lì – credo – che Egli si manifesti. E voi forse ne avete fatto l’esperienza. Con tre verbi l’apostolo riferisce a sé la chiamata del Servo di Iahvé: mi scelse…, mi chiamò…, si compiacque… Ora è Paolo il servo del Signore, servo della sua Parola tra i pagani. (Possiamo forse essere anche noi “servi della Parola”?).
L’espressione resa in italiano con le parole “il vangelo da me annunciato” (ver.11) porta in sé la meravigliosa vicenda del “vangelo” che “viene evangelizzato” da Paolo e quindi l’evento del Vangelo che diventa “vangelo” di chi lo annuncia e lo testimonia!
Ebbene, tutto questo non è un fenomeno puramente umano (ver.11), che Paolo avrebbe ricevuto e imparato da altri “umani”, cioè persone mortali, ma Egli lo ha ricevuto “per rivelazione di Gesù Cristo” (ver.12)!
Non si tratta di nozioni apprese e trasmesse, ma dell’evento supremo nel quale Dio dona se stesso all’intera umanità!
Dal Signore Gesù Paolo ha ricevuto il Vangelo che ha annunciato ai suoi fratelli-figli!
A prova e conferma di ciò, Paolo ricorda ai Galati il suo passato di aderente al giudaismo: “perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo”. E qui egli rivendica addirittura un primato rispetto ai suoi “coetanei e connazionali”: “accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri”.
Ed è quindi la sua stessa storia a custodire e ricordare, “accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri”. Così ai vers.13-14.
Ma poi la vicenda sublime della conversione!
Non un suo cammino spirituale e intellettuale, ma pura opera di Dio! “Dio mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia” (ver.15): è bello oggi anche per noi ricordare e celebrare la nostra conversione, non come opera nostra, non come opera umana, ma grazia di Dio!
Ed ecco l’orizzonte e la specificità della conversione di Paolo: “Dio si compiacque di rivelare in me – notate il grande spessore anche di questo “in me”! – il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti”!! (ver.16).
Qui Paolo sembra voler confidare una forma di preziosa e sublime “gelosia”: “Subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco”.
La sostanza e la forma del suo compito apostolico è del tutto particolare – è l’annuncio del Vangelo ai pagani, alle genti del mondo! – e Paolo sembra particolarmente attento a custodire tale nota decisiva del suo ministero!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.