Mi ha un po’ stupito il suo silenzio sulle polemiche nate intorno a Dossetti in questi ultimi tempi. Io abito a Roma e ho avuto un rapporto molto intenso con lui durante gli anni del Concilio. Leggo i suoi interventi per il Carlino sul vostro sito. Pensavo che qualche sua considerazione sarebbe stata importante per molti di noi estimatori e amici di quel grande uomo….Messaggio firmato.

Caro amico, mi è sempre molto difficile intervenire sul tema Dossetti. Ho la pretesa di sentirmi troppo figlialmente legato a lui per poter pretendere quel minimo di obiettività richiesta da un interlocutore come la comunicazione pubblica. Tutto è in me molto intimo, molto prezioso e quindi tendenzialmente riservato. Però ho reagito! Ho reagito pensando che il modo più semplice di rispondere fosse quello di far luce e di far festa. Per questo ho avviato due iniziative. La prima è la consueta serie dei "giovedì della Dozza" che quest’anno dedichiamo a lui con il titolo "…ma che cosa ha veramente detto Dossetti?", titolo proposto da un gruppo di parrocchiani, titolo che mi è piaciuto e intorno al quale cominciamo a trovarci giovedì tredici ascoltando un giovane che si è laureato quest’anno a Ferrara con una Tesi intitolata "All’ombra delle querce di Montesole. Riflessioni sulla kenosi del monaco Giuseppe Dossetti al cospetto della storia e del mistero di Israele". Sono contento che incominciamo con un giovane. Poi verranno personaggi illustri che l’hanno conosciuto e frequentato. Ma mi sembra importante la memoria di chi rischierebbe di tutto ignorare. Il quindici, poi, anniversario del transito di don Giuseppe, ho convocato una grande festa. Niente di speciale: tutti invitati, un cerchio di sedie, per entrare nel piacere di una conversazione dove chiunque lo desidera offre agli altri una sua memoria, un segno di affetto, una speranza per la comunità ecclesiale e per la società civile…E anche una preghiera. E stare insieme per una cena semplice e quasi improvvisata. Più di così non sono capace. Dossetti è ancora troppo presente nel nostro oggi difficile e povero. Altrimenti non si andrebbe a disturbare un morto. Ma lui è del tutto vivo. E sempre di più. I suoi amici sono già passati alla storia , in una memoria acquietata. E le loro Chiese possono riflettere tranquillamente sulla santità della loro vita: Lazzati a Milano, La Pira a Firenze. Per don Giuseppe questo è impossibile. Finchè il profeta è vivo non si può e non si deve fargli il monumento. Magari sarebbe bello un pochino di più acuto senso della storia, proprio per evitare di fare la parte di gnomi aggressivi, scatenati contro una persona molto grande, e destinati al ridicolo della verifica della storia e del pensiero. Per grazia di Dio c’è la Chiesa. C’è la Chiesa, con i suoi tempi e la sua cristiana saggezza. C’è voluto del tempo per proporre Rosmini come testimone prezioso alle generazioni cristiane. Oggi ne godiamo la grande attualità. Per avere pazienza, bisogna continuare a sperare. E intanto far festa.
Con amicizia. d.Giovanni.