33 Portarono dunque a Mosè la Dimora, la tenda e tutti i suoi accessori: le sue fibbie, le sue assi, le sue traverse, le sue colonne e le sue basi, 34 la copertura di pelli di montone tinte di rosso, la copertura di pelli di tasso e il velo per far da cortina, 35 l’arca della Testimonianza con le sue stanghe e il coperchio, 36 la tavola con tutti i suoi accessori e i pani dell’offerta, 37 il candelabro d’oro puro con le sue lampade, le lampade cioè che dovevano essere collocate sopra di esso, con tutti i suoi accessori, e l’olio per l’illuminazione, 38 l’altare d’oro, l’olio dell’unzione, il profumo aromatico da bruciare e la cortina per l’ingresso della tenda. 39 L’altare di rame con la sua graticola di rame, le sue stanghe e tutti i suoi accessori, la conca e il suo piedestallo, 40 i tendaggi del recinto, le sue colonne, le sue basi e la cortina per la porta del recinto, le sue corde, i suoi picchetti e tutti gli arredi del servizio della Dimora, per la tenda del convegno, 41 le vesti liturgiche per officiare nel santuario, le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suoi figli per l’esercizio del sacerdozio. 42 Secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè, gli Israeliti avevano eseguito ogni lavoro. 43 Mosè vide tutta l’opera e riscontrò che l’avevano eseguita come il Signore aveva ordinato. Allora Mosè li benedisse.
Post correlati
4 Commenti
Lascia un commento
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Le categorie
- Audio (963)
- Audio e Video (623)
- Dalla Chiesa e dal mondo (168)
- Giovanni scrive… (515)
- Giuseppe scrive… (2)
- Incontri e approfondimenti (444)
- La lectio quotidiana (4.567)
- Le nostre notizie (1.004)
- Letture domenicali e festività (818)
- Senza categoria (7)
- Video (149)
Telegram
Archivi
Gli ultimi articoli pubblicati
- Matteo 5,38-48
- Omelia di d. Giuseppe Scimè – Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Visitazione della Beata Vergine Maria – 31 maggio 2023
- Le Letture e i canti di domenica 4 giugno 2023 – SS. Trinità (Anno A)
- Omelia di d. Francesco Scimè – Solennità di Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Omelia di d. Andrea Bergamini – Solennità di Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Omelia di d. Andrea Bergamini– Liturgia nella vigilia di Pentecoste – 27 maggio 2023
- Omelia di d. Francesco Scimè – Liturgia nella vigilia di Pentecoste – 27 maggio 2023
- Matteo 5,33-37
- Omelia di d. Francesco Scimè e d. Giovanni Nicolini – Messa esequiale di Liana Calzecchi – 27 maggio 2023
Le parole che oggi riceviamo dalla bontà del Signore suonano potentemente come una “restituzione”. Tutto parte da Dio: Egli parla a Mosè per descrivergli l’opera che deve essere compiuta. Tale opera ha come scopo l’incontro tra Dio e il suo popolo. Mosè, e quindi il popolo seguendo le sue indicazioni, hanno fatto tutto il lavoro. Ora portano a Mosè, e, implicitamente a Dio stesso, quello che hanno fatto. In questo senso si parla di restituzione. Dio ha donato la sua Parola, che ora il popolo Gli restituisce. Tale è sempre la relazione con Dio, che è sempre “risposta” al suo dono.
Il verbo “portarono” del ver.33 assume anche il significato di “offrire” in senso liturgico e regge tutto il testo fino al ver.42. Così abbiamo ancora un elenco di tutto quello che è stato fatto secondo la Parola di Dio. Il ver.42 afferma quindi l’esecuzione di quanto il Signore aveva ordinato. Il lavoro fatto – “avevano eseguito ogni lavoro” – è umile, e il termine usato per dire di questo “lavoro” esprime una lavoro da servo, un lavoro servile. Nello stesso tempo però, il verbo “eseguire” è alla lettera il verbo “fare” che nella Scrittura indica anche l’azione creatrice di Dio; quindi un “fare in grande”, un fare divino! Mi piace molto l’intreccio tra l’umiltà e la grandezza dell’opera; un’opera che è, possiamo dire, la “visibilità” della Parola, la sua epifanìa! Ricordiamoci che il vero “ascolto” della parola implica l’accoglienza-obbedienza alla Parola stessa, e quindi il “fare” la parola ascoltata.
E infine ecco la benedizione. E’ benedizione di Mosè, ma tramite lui è benedizione divina. Addirittura mi pare di cogliere un richiamo forte tra il “vide” di Mosè del ver.43, e il “vide” di Dio “che era cosa buona” nel racconto della creazione in Genesi! Così Mosè “li” benedice, cioè benedice i Figli di Israele. Le versioni consentono tuttavia di tenere più aperto il significato del verbo. Dio forse benedice anche le cose che essi hanno fatto. Siamo vicini alla memoria della Cena del Signore, e anche a Luca 24, quando, al termine della memoria evangelica, il Signore Gesù li benedice e poi sale al Padre. C’è anche un benedire da parte di Gesù, che è benedizione a Dio:”disse la benedizione”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Anche a me è piaciuto il fatto che gli israeliti portano a Mosè tutte le cose che hanno fatto seguendo gli ordini e le parole di Dio. E c’è di tutto: fibie, picchetti, corde, tende, l’arca, ecc.
Quasi commovente lo sguardo compiaciuto di Mosè che vede i suoi fratelli lavorare fedelmente per il Signore e li benedice!
Siamo anche noi così: piccoli, goffi esecutori dei suoi comandi ma proprio per questo amati da lui!
Ho visto che al versetto 40 la traduzione CEI parla dei tendaggi del recinto. Guardando sul testo poliglotta le altre traduzioni parlano del cortile. Non quindi dell’elemento che delimita uno spazio quanto dello spazio che è delimitato dall’elemento. Ho pensato che tutto questo lavoro, importantissimo, fatto dall’uomo è niente se questo spazio non viene riempito. La dimora, l’Arca, il propiziatoio, l’altare (“ vuoto all`interno”.Es.38,7) mi sembra siano contenitori vuoti. Mi sembra che ciò che deve riempirli sia l’incontro tra Dio e l’uomo, incontro che è sempre per il chinarsi dell’Altissimo su di noi.
Mi veniva in mente la parabola del ritorno a casa del servo dopo una giornata di duro lavoro: il padrone gli dirà “Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc17,7-10).
Eppure questo incontro, questo suo chinarsi su di noi, questo gratuito servirci di Dio, avviene, per puro suo dono: “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. (Lc. 12,-37)
I termini fare, vedere, opera, benedire dei versetti 42 e 43 (oltre a “finire” del versetto 32), si ritrovano anche nel racconto della creazione, a ulteriore conferma del legame tra la creazione e l’opera di realizzazione della Dimora e della tenda del convegno. Il versetto 33 mostra come quest’opera, voluta e resa possibile da Dio attraverso la rivelazione a Mosè sul Sinai, e che Mosè aveva illustrato ai figli di Israele perché la eseguissero, deve ora intraprendere il cammino inverso, “ritornare” a Dio attraverso la mediazione di Mosè. Negli ultimi versetti si può quasi cogliere, seguendo le parole del testo ebraico (e della traduzione kiswahili) così come sono ordinate, lo stupore e la gioia di Mosè perché i figli di Israele hanno fatto quest’opera bella (cfr Genesi “e Dio vide che era cosa buona”).