32,1 Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dalla montagna, si affollò intorno ad Aronne e gli disse: «Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto». 2 Aronne rispose loro: «Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli e le vostre figlie e portateli a me». 3 Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. 4 Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!». 5 Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». 6 Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento.
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Il “ritardo” di Mosè al ver. 1 è una nota costante della fede del popolo di Dio: la difficoltà ad adeguarsi ai tempi di Dio! Questo ritardo conferma quello che è tipico della fede ebraico-cristiana rispetto alle “religioni”, e implicitamente conferma quello che vedremo nel peccato di Israele: sostituire un Dio che fa quello che vuole con un idolo che faccia quello che noi lo costringiamo a fare.
In quell’affollarsi del popolo intorno ad Aronne è contenuta una sottile nota di aggressività, come la percezione più o meno chiara che bisogna cambiare tutto, e che quindi anche Aronne bisognerà forse forzarlo: di fatto egli sarà molto consenziente alle richieste del popolo, e anzi nel seguito crescerà il peso della sua responsabilità. Mosè viene in qualche modo allontanato dalla stima e dal rispetto del popolo – “..a quel(!) Mosè..” – anche se viene ricordato quello che lui ha fatto per loro; ma nel peccato c’è sempre dominante l’incombente “presente” di quello che si vuole!
La richiesta di Aronne al ver. 2 ci riporta alla “spogliazione” che Israele aveva fatto degli oggetti d’oro degli Egiziani al momento della partenza dall’Egitto. C’è forse anche l’allusione alla “pericolosità” di portarsi via qualcosa che è proprio di chi si vuole abbandonare? Gesù chiederà di scuotersi persino la povere dai piedi quando non si troverà accoglienza! In ogni modo quell’oro servirà ora a plasmare l’idolo. L’idolo viene subito “riconosciuto” al ver. 4. Lo strano però – e anche altamente significativo! – è che viene attribuita all’idolo l’opera di salvezza compiuta da Dio! Sembra quindi esserci una specie di drammatica inconsapevolezza, che aggrava ulteriormente il peccato del popolo, con un intreccio obbrobrioso tra l’oggetto idolatrico che si sono fatti con le loro mani, e il Signore che li ha salvati! Il vitello è la drammatica negazione dell’unico vero Dio, eppure viene riconosciuto e proclamato come Dio stesso! Riflettiamo bene su questo, perché apre l’ipotesi che il peccato avvenga con una consapevolezza molto debole!
Per questo appare drammatica la posizione di Aronne che al ver. 5, “ciò vedendo,costruì un altare davanti al vitello” e indice la festa per il giorno dopo! Decide tutto lui! Ormai ci siamo allontanati dalla fede nel Signore che parla e conduce il suo popolo. Siamo diventati “costruttori” di una nostra religione. Il ver. 6 conferma tutto questo mostrando l’intreccio perverso tra gesti e segni della fede (olocausti e sacrifici di comunione) e la deriva orgiastica che probabilmente è contenuta nell’ultima espressione “poi si alzò per darsi al divertimento”.
Sembra tutto molto veloce: la richiesta del popolo, la risposta di Aronne, la fusione dell’oro, il -fare un dio- la costruzione dell’altare . La lettura di oggil’ho sentita all’insegna della velocità in relazione , specialmente,a quello che ho letto dal cap. 25 sulle disposizioni minuziose di Dio sull’altare, gli arredi ,gli abiti e che avevo avvertito come un invito perentorio alla misura,all’attenzione, alla “non fretta”.Sembra che Aronne e tutto il popolo non aspettino altro che sbarazzarsi di tutto anche di -quel Mosè-
Abbiamo bisogno diuna soluzione veloce e “sacra” e legale così da pensare,purtroppo, che ogni cosa sia a posto ?. Fino a quando?Fino al ritorno di Mosè?
Il “ritardo” di Mosè espone il popolo alla prova della fede. Abbiamo ricordato la reazione degli apostoli a fronte di Gesù che dorme mentre la tempesta infuria, e la parabola del servo buono o malvagio di Mt 24: “…Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo ‘ il mio padrone tarda a venire…”.
Il popolo dimostra di non avere compreso che è Dio stesso che lo ha liberato dalla schiavitù del paese d’Egitto. D’altra parte sembrerebbe molto più rassicurante l’ipotesi umana di un rapporto con Dio attraverso la mediazione di un elemento statico e controllabile come il vitello d’oro, piuttosto che la mediazione di un “uomo” passibile, “di cui non sappiamo quello che gli è successo”. Vengono in mente le parole dei due discepoli di Emmaus: “Son già passati tre giorni…”.
Rispetto ai pendenti agli orecchi abbiamo avuto un dubbio. Da una parte infatti in Genesi 35:4 questi sono in relazione con gli idoli stranieri e con essi vengono seppelliti da Giacobbe. Qui però l’immagine potrebbe essere diversa, e i pendenti essere il segno di quell’ornamento di bellezza con cui il popolo di Israele è uscito dall’Egitto. Il fatto che sono all’orecchio potrebbe indicare che la bellezza e la ricchezza di questo popolo sono del tutto dipendenti dall’ascolto e dalla custodia della Parola che Dio dona a loro. Il verbo ebraico è molto violento: se li strappano via, forse spezzandoli. E’ una bellezza infranta, non più legata all’ascolto ma che si perverte nella realizzazione del vitello.
Il testo evidenzia la parte attiva e negativa anche di Aronne: è lui che fa la proposta dei pendenti, che plasma e fa il vitello e che indice la festa. Davvero Mosè rimane da solo davanti a Dio!
Colpisce molto il fatto che il vitello, l’idolo, non sia un “nuovo Dio” ma la materializzazione, la messa in chiaro, di un Dio troppo “altro”, troppo difficile da comprendere, un Dio da attendere, seguire passo passo, ricercare con impegno e fatica. Abbiamo bisogna di un Dio concreto, chiaro, controllabile. A questo proposito ho trovato sulla mia bibbia un vecchio appunto attualizzante: “facciamoci un catechismo, che ci dica chi è Dio e cosa vuole da noi, come fare i bravi…”; il rischio di abbandonare il cammino nella parola che svela Dio per approdare a confortanti e chiari catechismi è un rischio ed un desiderio molto grande.
In merito al testo di ieri sul riposo del sabato legato al riposo di Dio, solo una battuta; mi è venuto immediatamente da pensare alla mammma che dice “silenzo bambini, che il papà è stanco e riposa”. Come dire: state buoni se potete!