1 Perciò, fratelli santi, voi che siete partecipi di una vocazione celeste, prestate attenzione a Gesù, l’apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo, 2 il quale è degno di fede per colui che l’ha costituito tale, come lo fu anche Mosè in tutta la sua casa. 3 Ma, in confronto a Mosè, egli è stato giudicato degno di una gloria tanto maggiore quanto l’onore del costruttore della casa supera quello della casa stessa. 4 Ogni casa infatti viene costruita da qualcuno; ma colui che ha costruito tutto è Dio. 5 In verità Mosè fu degno di fede in tutta la sua casa come servitore, per dare testimonianza di ciò che doveva essere annunciato più tardi. 6 Cristo, invece, lo fu come figlio, posto sopra la sua casa. E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo.
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Mosè è stato l’amministratore fedele della casa di Dio, cioè del suo popolo. Gesù lo è stato come figlio, “posto (notate) sopra la sua casa”. A questo dato importante l’autore ne aggiunge due chiari e decisivi: “Colui che ha costruito tutto è Dio”, questa casa è la sua splendida opera; tale casa, quindi la sua famiglia, il suo popolo, “siamo noi”! Siamo “partecipi di una vocazione celeste”! Consapevoli di questa così grande realtà, cosa possiamo fare? Ci vengono suggeriti due atteggiamenti fondamentali: “prestare attenzione a Gesù”, alla lettera “volgere a lui la mente”, tenere fermo lo sguardo su di lui (v.1). Poi “conservare la libertà e la speranza di cui ci vantiamo”(v.6): si tratta della libertà di parlare e agire con fiducia e franchezza, e di saper gioire per la salvezza a noi donata. “Mantenere la fiducia e il vanto della speranza”, dice una traduzione.
Uniamo i due testi riportati qui sopra.
L’essere Gesù “partecipe” della carne e del sangue è espressione forte per dire che “il Verbo si è fatto carne”: Egli si è fatto interamente partecipe della nostra condizione umana!
Così Egli ha assunto la nostra condizione mortale, “per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo” (ver.14), “e liberare così quelli che, per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita”!! (ver.15).
Tale è l’amore di Dio che nel suo Figlio entra radicalmente e totalmente nella condizione umana!
Una condizione “mortale”!
Così Egli entra nella morte trasformandola nel dono e nell’offerta della vita!
E così appunto libera la condizione umana dalla schiavitù della morte!
Cristo si rende “in tutto simile ai fratelli” (ver.17).
Così Egli espia i peccati dell’uomo offrendo se stesso come vittima del sacrificio d’amore! Per questa sua “Passione d’Amore” Egli è aiuto e salvezza di tutti “quelli che subiscono la prova” (ver.18).
Mi sembra molto debole la traduzione italiana “prestate attenzione a Gesù” di Ebrei 3,1, che sembra invece implicare ed esigere un’adesione interiore profonda, e quindi una profonda comunione tra la creatura umana e il suo Signore!
Egli è infatti “l’Apostolo e Sommo Sacerdote della fede che noi professiamo” che Dio ha costituito!
E come Mosè fu costituito “come servitore” (ver.5) “Cristo, invece, lo fu come figlio, posto sopra la sua casa”.
Meravigliosa la conclusione: “E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo” (ver.6).
Dio ti benedica. Ricordaci al Signore. Francesco e Giovanni.