14Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. 15Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. 16Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
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Questi ultimi versetti del cap.14 ci introducono nel tema privilegiato della Lettera: Gesù è il Cristo di Dio, è il Sommo Sacerdote della nostra salvezza, misericordioso e degno di fede. La parola “sacerdote” ha qui il suo vero e pieno significato: Gesù è l’essenziale e necessario “mediatore” tra Dio e l’umanità, perché è partecipe in assoluta pienezza sia della divinità sia dell’umanità. Dovrei continuamente chiedervi scusa per la banalità delle parole che scrivo, così inadeguate ad esprimere il dono di Dio, ma continuo a sperare che ognuno di voi entrerà nella pienezza di quello che ci viene regalato con la forza, l’umiltà e la bellezza della vostra preghiera. Oggi ci viene rivolto l’invito a “mantenere ferma la professione della fede”(ver.14). Possiamo veramente fidarci, “perché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio”. La nostra povera umanità, cioè l’umanità che è propria di ciascuno di noi, così come in noi stessi la conosciamo, con le sue povertà, i suoi slanci, le sue illusioni, i suoi dolori, i suoi affetti come le sue violenze… questa povera umanità è presso Dio nella Persona di Gesù.
E lo è perché Gesù è il Figlio di Dio che è entrato in pienezza nella nostra umanità, sia nella sua realtà creaturale, sia nella sua storia. Infatti “Gesù è stato messo alla prova in ogni cosa, come noi”. Ha provato tutto quello che definisce e caratterizza l’umanità, la condizione umana. E tutto ha assunto senza peccare. Vorrei tentare di dire qualcosa sull’espressione “escluso il peccato” che ascoltiamo al ver.15. Detto così, potrebbe sembrare che dica che lui ha provato tutto, ma non il peccato. Ma non credo che questa sia l’intenzione dell’autore della nostra Lettera. Egli vuole dirci che la totale assunzione dell’umanità Gesù l’ha compiuta “senza peccato”, cioè pienamente e meravigliosamente, con totale mitezza, senza concedersi nessuna esenzione. E’ possibile un’umanità senza peccato? Sì! E’ l’umanità di Gesù! A me pare che questo sia molto importante. Altrimenti è inevitabile arrivare a pensare che per essere santi bisogna in qualche modo abbandonare e trascendere la nostra umanità. Invece no! Questa nostra povera umanità è amata da Dio, e Dio la fa sua in Gesù. Egli è venuto per liberarla da ciò che la tiene prigioniera. Il Vangelo è la buona notizia di questa liberazione. Ieri ascoltavo la Parola che Gesù chiede sia portata a Giovanni Battista che dalla prigione dove è rinchiuso chiede se Gesù è Colui che deve venire o se dobbiamo aspettare un altro. Gesù gli manda a dire che i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. Per questo Lui è venuto ed ha assunto fino in fondo la nostra condizione umana.
Per questo, ascoltiamo al ver.16, il suo trono accanto al Padre è un “trono della grazia”. Si tratta cioè di una regalità espressa con l’immensità del dono. A questo trono possiamo accostarci “per ricevere misericordia e trovare grazia”, quando ne avremo bisogno. Anche oggi e in questo momento. In tal modo l’infinito amore divino è offerto a tutti. La “divinità” non è un premio riservato ai più bravi, ma è offerta a tutti, a partire da quelli che fisicamente o spiritualmente sono ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi, morti e poveri. Tutti, insomma.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
I pochi vv. di oggi ci dicono con grande forza di sintesi perché Gesù è il grande sommo sacerdote di cui noi uomini avevamo bisogno. Il v. 14 lo annuncia come “Figlio di Dio, che è passato attraverso i cieli”: è il sacerdote grande che sta vicino a Dio, accolto nella gloria presso di Lui. Il v. 15 ci ricorda di nuovo che Gesù è IL sommo sacerdote perché “ha preso parte (“ha-patito-con” <- simpathia) alle nostre debolezze, … è stato messo alla prova come noi"; dunque si è fatto volontariamente vicino agli uomini, è entrato fino alla fine nella nostra condzione di debolezza, di sofferenza, di tentazione e di morte. Cfr. 2:17 "Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e dego di fede nelle cose che riguardano Dio". Essendo così in modo eminente vicino a Dio e vicino agli uomini, conoscendo così a fondo sia Dio che gli uomini, può essere sommo sacerdote, "misericordioso e fedele". A noi uomini è dato dunque ed è chiesto quanto ascoltiamo nel v. 16: Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno”. Ora noi possiamo fare quello che Adamo dopo il peccato non poteva fare, né i figli di Adamo. Anzi si nascose da Dio. È invece possibile per noi “accostarci a Dio, e al trono di gloria (non è più un trono di giudizio), con coraggio”.
In Apoc il trono di Dio viene chiamato “trono di Dio e dell’Agnello”. Possiamo accostarci a questo trono, che ora è di grazia, perché è il trono di Dio, e insieme è il trono dell’Agnello. L’Agnello stesso donìmina e regna, ed è origine della grazia e della misericordia per gli uomini, deboli e peccatori.
Le parole di oggi ricordano molto da vicino quelle del cantico di Fil (2:6-8) “Gesù, essendo all’inzio nella condizione di Dio, … svuotò se stesso assumendo la condizione di servo, diventando simile agli uomini. … Umiliò se stesso facendosi obbedienet fino alla morte, e a una morte di croce”. Questo sommo sacerdote (v. anche Ebr 3:1; 7:16; 8:1), Apostolo e mediatore della nostra salvezza, è sceso dal suo trono per portare la debolezza degli uomini, e la morte, e per portare in cielo tutti gli uomini. Noi non possiamo dimenticare che Gesù è sommo sacerdote grande perché Lui stesso è anche il sacrificio unico e perfetto.
Sottolineo alcune caratteristiche del nostro “sommo sacerdote” Gesù: gli è attribuito il titolo di “grande” (in latino “magnus”); ed è “il Figlio di Dio”, il Figlio per eccellenza, in modo unico, come per eccellenza è anche il figlio dell’uomo; “è passato attraverso i cieli”: “come il pontefice nel giorno dell’espiazione attraversava le due tende che rappresentavano l’immagine del cielo”(così dice un un commento); è stato quindi glorificato presso Dio. “Ha patito-con-noi” la nostra “mancanza di forza”(a-sthenia), le nostre debolezze… Abbiamo quindi fiducia che troveremo misericordia e grazia rivolgendoci a Colui che accorre al grido di aiuto (verbo boetheo).