9Dunque, per il popolo di Dio è riservato un riposo sabbatico. 10Chi infatti è entrato nel riposo di lui, riposa anch’egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie. 11Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.
12Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. 13Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.
12Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. 13Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.
Mi sembra che in certo modo sia cresciuto e si sia precisato e approfondito il significato di questo “riposo”. Il ver.9 lo propone come “riposo sabbatico”. Non solo e non tanto come un “premio finale”, quanto come la tipicità della condizione del credente, la sua pienezza. Tale pienezza certo si può pensare del tutto realizzata e manifestata alla fine, ma è anche la condizione profonda nella quale si svolge la nostra vita. Dunque, bisogna entrare in questo riposo, bisogna “affrettarsi a entrare in quel riposo”(ver.11), perché “chi è entrato nel riposo di Lui, riposa anch’egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie”(ver.10). E si riposa dalle opere non perché le lascia indietro come qualcosa da cui staccarsi, ma come pienezza di senso e di bellezza delle opere stesse. Altrimenti si potrebbe cadere “nello stesso tipo di disobbedienza” in cui entrarono gli antichi padri nel deserto quando non fidandosi di Dio si mossero secondo i loro vani pensieri e le loro mondane paure.
E tale mi sembra il significato di quell’ “infatti” che apre i vers.12-13, che contengono la descrizione e la lode della Parola del Signore. Penso quindi che entrare nel riposo voglia dire entrare sempre più profondamente nella Parola di Dio. Fare di questa Parola la parola della propria vita. La sua luce e la sua verità. Il suo nutrimento essenziale e irrinunciabile. In questo orizzonte la Parola del Signore non è solo “normativa”, ma è soprattutto la nostra stessa comunione con il Signore, la sua vita con noi e la nostra vita con Lui. Penso a tutte le meraviglie che il grande Salmo 118(119) dice della Parola di Dio. Perché incontrarsi con la Parola è incontrarsi con Dio stesso. Con il nostro Signore Gesù!
Così dunque accogliamo e interpretiamo tutti gli attributi che alla Parola danno i vers.12-13. Il ver.12 sembra voler affermare la sua assoluta potenza di penetrazione e di discernimento della condizione reale e profonda della persona. Il ver.13 proclama la capacità della Parola di Dio di svelare e di mettere a nudo ogni creatura. La verità di tutto! Mi viene in mente come una persona di grande autorità nella comunità cristiana ironizzava con gli studenti del seminario per la loro affezione verso gli studi biblici, dicendo che la teologia è molto lucida e chiara, a differenza della Parola di Dio che è molto confusa. E penso a come oggi si addensino problemi delicatissimi per la comunità cristiana quando cerca di trovare risposte e norme per i temi sempre più delicati fatti emergere dalla ricerca scientifica e dal progresso tecnologico che le è connesso. Ogni giorno scopro invece come questa Parola di Dio, così antica, sia così nuova e per questo sia capace di prendere per mano anche un tempo come il nostro.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Chi infatti è entrato nel riposo di lui, riposa anch’egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie”(v.10): non vuol dire – come ha spiegato don Giovanni – che lasciamo indietro le nostre opere, che le abbandoniamo, anzi: come si dice nell’Apocalisse, le nostre opere sono l’unica cosa che ci accompagnerà nella vita definitiva (Ap. 14,13). E quali sono queste opere da cui “ci riposiamo” e che “ci accompagneranno”? Sono quelle che facciamo ogni giorno per gli altri, per il loro benessere, per il loro star bene in questa vita. – Nella parte finale del brano, si dice che “tutto è nudo e scoperto agli occhi di Colui…”: alla lettera, secondo la TOB, sarebbe: “tutto è soggiogato (a Lui) essendo stato preso per il collo”, con una probabile allusione al lottatore ridotto all’impotenza dal suo avversario. E’ bello questo essere presi per collo da parte di Colui che vuole “forzarci” alla salvezza, alla gioia, a una vita indistruttibile con Lui.
v. 10 “Chi è entrato nel riposo di Dio, riposa anche lui dalle sue opere, come Dio dalle proprie”. Prima di tutto, questo riguarda Gesù, che dopo aver completato la sua opera, per la quale è stato mandato dal Padre, ora sta seduto alla sua destra. E in Gesù, questo è vero per tutti, i quali sono esortati ad entrare in questo stesso riposo. Forse si può intendere che queste opere che non abbiamo più bisogno di fare sono le opere della Legge, in particolare offrire tutti quei sacrifici di animali, richiesti dalla antica Legge, perché è stato ormai offerto il vero, unico e finale sacrificio. Per questo sacrificio di Gesù possiamo entrare nel riposo.
Le parole finali sulla Parola di Dio: “davanti ad essa non c’è creatura che possa nascondersi, Ogni cosa è nuda…”. Adamo tentò di nascondersi dopo il peccato, Ma oggi viene detto che non è possibile assolutamente nascondersi: Dio ci vede anche se noi tentiamo di nasconderci. Allora perché non vediamo chiaramente questo? È vero che davanti a Dio nessun uomo può nascondersi, e tutto è svelato davanti a Lui, però allo stesso tempo Dio aspetta e desidera che noi torniamo a Lui. E ritornare è ascoltare quella parola e credere. La fede quando ascoltiamo, è il modo per tornare a Dio.