17Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, 18del quale era stato detto: Mediante Isacco avrai una tua discendenza. 19Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.
20Per fede, Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù anche in vista di beni futuri.
21Per fede, Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e si prostrò, appoggiandosi sull’estremità del bastone.
22Per fede, Giuseppe, alla fine della vita, si ricordò dell’esodo dei figli d’Israele e diede disposizioni circa le proprie ossa.
20Per fede, Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù anche in vista di beni futuri.
21Per fede, Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e si prostrò, appoggiandosi sull’estremità del bastone.
22Per fede, Giuseppe, alla fine della vita, si ricordò dell’esodo dei figli d’Israele e diede disposizioni circa le proprie ossa.
La potenza profetica del sacrificio di Isacco – o meglio, di Abramo! – mi è parso fonte dei versetti successivi del nostro testo, che tutti hanno per oggetto i figli. Però può darsi che io prenda un abbaglio. Quindi, come il solito…non fidatevi.
Nella storia della fede che stiamo percorrendo in questi giorni, certamente il sacrificio di Abramo è al cuore della nostra attenzione perché è profezia del sacrificio di Gesù! Certo, se avete un po’ di tempo, è meraviglioso ripercorrere quelle vicende nel Libro della Genesi, seguendo i riferimenti offerti dalle nostre bibbie. Questi vers.17-19 sottolineano la relazione e il contrasto tra le “promesse” della “discendenza” che Dio aveva posto nel regalo di quel figlio e la sua richiesta di sacrificarglielo. In Gesù tutto questo si compirà mirabilmente, e il ver.19 arriva ad attribuire ad Abramo la conoscenza della risurrezione dai morti, e quindi la vicenda di suo figlio come “parabola” (così è alla lettera il termine reso in italiano con “simbolo”), appunto parabola della risurrezione di Gesù.
La rilevanza straordinaria di questo sacrificio del figlio mi ha portato a considerare nella stessa linea i versetti seguenti, quasi fossero la conseguenza e il frutto della vicenda di Abramo e Isacco. Così allora la benedizione di Giacobbe e di Esaù da parte di Isacco: benedizione privilegiata per il “minore”, che da Abele e dalla “minorità” del piccolo popolo di Israele accompagna tutta la storia della salvezza. E tuttavia, benedizione anche di Esaù, come profezia di una benedizione che comprende tutti, pur in un criterio di “elezione del piccolo”.
Così, al ver.21, la benedizione di entrambi i figli di Giuseppe, Manasse ed Efraim, ancora con il privilegio dato al “minore”. Circa la citazione di Genesi 47,31 che nella versione greca rende con “bastone” , il termine ebraico che dice “letto”, può farci pensare ad un orientamento di queste benedizioni di figli “quasi-egiziani” verso l’esodo che li vedrà con i bastone in mano verso la Terra Promessa. Ed esplicitamente di “esodo” dice il ver.23, dove stranamente si parla di un “ricordare” da parte di Giuseppe di avvenimenti non ancora accaduti, ma già potentemente profetizzati circa il grande esodo di Israele verso la Terra. Questo “ricordare” si può forse pensare come profezia di quel “memoriale” che in tutte le generazioni Israele celebrerà e celebra nella festa della Pasqua.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Per fede Abramo..
Per fede Isacco..
Per fede Giacobbe..
Per fede Giuseppe..
Da diversi giorni per fede questi padri fanno un sacco di cose.
Obbediscono,partono senza sapere,benedicono morendo,offrono,ricordano,cercano una patria migliore..
Mi ha dato molto da pensare una domanda: per fede..io cosa faccio?