(foto da http://www.ampsico.it/)

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Siamo i genitori di tre figli, una ragazza e due ragazzi. Si sono sposati in chiesa a distanza di due anni tra loro. Sono passati quattro anni dall’ultimo matrimonio, e in questi giorni abbiamo saputo che anche questo matrimonio è arrivato alla fine, perché tutti e tre sono finiti con la separazione. In questi anni sono nati due bambini e così a mia figlia è rimasta la sua bambina, mentre il bambino del nostro secondo figlio è affidato alla sua mamma. Noi siamo pieni di dispiacere, e anche di paura per come le cose andranno avanti. Abbiamo sempre voluto bene sia a nostro genero che alle nostre due nuore, che per noi sono come dei figli. Altri nostri amici sono nella nostra condizione. Perché succedono queste cose? Allora è meglio non sposarsi?

Prendo queste parole dalla vostra lettera bella e appassionata. E piena di dolore. Leggendola, mi è venuta in mente una conversazione dove veniva fatta una domanda: “Perché più nessuno diventa prete o frate? E qualcuno ha risposto dicendo: “Perché nessuno vuole più sposarsi!”. I matrimoni sono molto diminuiti, e quella risposta voleva accennare ad un problema più vasto e profondo, che non riguarda solo le persone credenti, ma tutta la nostra cultura e la nostra società. Siamo passati da una lunga tradizione culturale che considerava negativamente la solitudine, ad una interpretazione della vita che tende ad esaltare l’individualità, l’autonomia, e di conseguenza anche la possibilità di poter sempre cambiare il volto della propria esistenza, evitando legami, impegni e relazioni considerate più come prigionie che come sostegno. È una situazione delicata e difficile, perché nessuno dovrebbe aver bisogno di nessun altro! Secondo la tradizione della fede ebraica e cristiana, l’individuo è sostanzialmente povero! Il racconto biblico della creazione della donna è la rivelazione profonda di questa “povertà” che solo nell’incontro profondo con l’ “Altro-Altra” trova la sua pienezza, la sua pace, e addirittura la sua gioia. Per questo mi sembra che Papa Francesco abbia fatto un altro prezioso regalo, non solo alla Chiesa, ma all’intera umanità, scrivendo questa Lettera che si intitola “La gioia dell’Amore”. Nell’incontro tra queste due parole – la Gioia e l’Amore – sta il segreto e quindi il grande progetto di recuperare il supremo dono della gioia dell’amore! Forse dobbiamo forse pagare un po’ l’aver talvolta considerato questi supremi doni di Dio solo come un dovere. Forse abbiamo anche un po’ temuto l’amore come un “pericolo”. O addirittura come occasione di peccato. Adesso abbiamo bisogno di riscoprire l’Amore come il dono più grande che possiamo ricevere e dare. Dice il Signore che “dare per esso tutti i beni della casa, sarebbe ancora come disprezzarlo”. Quello che mi affascina in questa meravigliosa Lettera di Papa Francesco è che la sento dedicata e indirizzata a tutti: a chi la può ricevere nel luminoso orizzonte della fede, e a chi la può leggere con commosso stupore, scoprendo che quelle parole parlano ad ogni cuore, ad ogni cultura e ad ogni interpretazione della vita. Buona Domenica a voi carissimi papà e mamma, e a tutti i lettori della nostra piccola rubrica.

Giovanni della Dozza.

Nota: Pubblicato su “Il resto del Carlino – Bologna” di domenica 12 Giugno 2016 nella rubrica “Cose di Questo mondo”.