Caro Giovanni, non ho il coraggio di venirti a trovare, e così passo per il “carlino” puntando forse solo su una parola di speranza. Credo di essere una specie di Guiness dei disastri famigliari. A partire da un dissesto non grave della mia piccola azienda, ho portato a mia moglie un tale danno da convincerla che il nostro matrimonio non ha più senso. Questo a ferito i miei due figli che sono bravi ragazzi e quindi tengono per la mamma, e così ho rotto anche con loro. Mi sono trasferito a vivere in albergo spendendo inutilmente molto. Adesso loro sono al mare dove mi hanno chiesto di non andare. Riconosco che tutto è colpa mia. Così ho messo fine a tutta la mia vita. E pensare che credevo di essere credente.

Se ci teniamo all’ultima frase che mi hai scritta, e ne sono del tutto convinto, non è finito proprio un bel niente, perché nella vita cristiana mai niente è “finito”, fino a dire che non c’è speranza e che non c’è più niente da fare. Nel resto della lettera mi dici che così sei anche fuori dalla Chiesa. Ma questo non si dà, a motivo della sapienza che genera la Chiesa e la conduce. E a far questo è il Vangelo di Gesù.

Il Vangelo di Gesù ha una caratteristica tra le molte altre. Ed è la sua capacità e volontà di raggiungere, di visitare e di rinnovare ogni nostra vicenda. Per questo anche il più disgraziato e sciagurato di noi il Vangelo se lo trova sempre vicino. Il Vangelo non è una legge che butta fuori chi sbaglia. Il Vangelo è Gesù che con la sua Parola di vita è sempre in cerca dei suoi figli più poveretti e più sciagurati. Per questo la Chiesa si considera madre di tutti. Con la porta aperta verso tutti. Con un posto preparato per tutti.

Quindi anche per te. Non perdere tempo, dunque. Vai a trovare un fratello o una sorella che possano fare un po’ di strada con te ascoltando il Vangelo del Signore. Vedrai che non ci sono limiti alla misericordia di Dio. Se non trovi nessuno, ti aspetto io, che come pecora perduta e sempre cercata e ritrovata, sono piuttosto esperto.

Un caro abbraccio. Giovanni.