18 Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. 19 Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. 20 Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. 21 Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino. 22 Voi, schiavi, siate docili in tutto con i vostri padroni terreni: non servite solo quando vi vedono, come si fa per piacere agli uomini, ma con cuore semplice e nel timore del Signore. 23 Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, 24 sapendo che dal Signore riceverete come ricompensa l’eredità. Servite il Signore che è Cristo! 25 Infatti chi commette ingiustizia subirà le conseguenze del torto commesso, e non si fanno favoritismi personali. 1 Voi, padroni, date ai vostri schiavi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone in cielo.
Colossesi 3,18-4,1

Sento necessaria una premessa a quello che cercherò di dire sulla Parola che oggi il Signore ci regala attraverso il ministero apostolico di Paolo.
Per entrare nella verità e nella bellezza di quanto oggi ascoltiamo, è necessario porre con forza al principio della nostra preghiera e della nostra riflessione la Pasqua del Signore, e quindi la radicale novità della vita nuova, che è veramente “risurrezione”.
Tutto quello che ci portasse a considerazioni e verifiche di tipo culturale, o morale, o psicologico, deve essere considerato con molto sospetto.
E provo a fare un esempio.
L’obbedienza ai miei genitori io non riesco a considerarla che come una grande grazia del Signore, grazia che talvolta ho saputo e voluto accogliere e che altre volte ho trascurato o addirittura respinto.
Quello che vorrei comunicare è un pensiero semplice e radicale che spero non vi sia troppo arduo considerare, anche se penserete di non accoglierlo.
Le linee guida che oggi l’Apostolo ci dona devono essere considerate del tutto interne e coerenti con la nostra fede cristiana.
Ove entrassero considerazioni diverse, dobbiamo riproporci la fonte di queste Parole, che sono il dono e la grande opportunità di vivere la nostra vita come una grande “Liturgia” di fede e di amore, una suprema libertà interiore e una meravigliosa ricchezza e fecondità del dono supremo della vita cristiana!
Alle mogli del ver.18 è indicata la via per celebrare l’obbedienza della fede! Ma la condizione della sua verità è l’essere questa sottomissione veramente celebrata come obbedienza al Signore. E come testimonianza e precetto da comunicare a tutta la famiglia!
E’ dunque un’obbedienza che non può non far tremare un marito! Tale marito si trova al ver.19, davanti al comandamento che davvero fa tremare! Ed è quel termine “amate” che il Vangelo di Gesù assegna al Figlio di Dio e a tutti coloro che vogliono vivere come figli di Dio, e quindi in un’interpretazione della vita come un unico e supremo sacrificio d’amore!
E quando ascolto il ver.20 non posso non ricordare come tante volte io ho smarrito o trascurato la mia obbedienza di fede al Signore, trascurando o magari respingendo l’obbedienza ai miei genitori.
Il ver.21 mi porta severamente a dati concreti e profondi della mia vicenda di cristiano, di prete, e in qualche modo anche di padre: come allora ignorare tutte le mie mancanze anche gravi che potrebbero aver trascinato all’esasperazione i miei fratelli e figli più vicini?
Così mi trovo ancor più giudicato dalla mia stessa coscienza quando il ver.22 mi ricorda dolorosamente come non ho servito i miei “padroni”: ancora i miei genitori, e poi i miei maestri, i vescovi, e poi soprattutto i poveri, gli ammalati, i più piccoli…
Vedete come queste indicazioni agli “schiavi” sono quelle cui l’Apostolo dedica più attenzione e più parole! Vedete come l’Apostolo ci aiuta a cogliere la nostra sottomissione con “buon animo, come per il Signore e non per gli uomini ..e la bellezza anche del ver.24! E di per sé, anche il severo ver.25 è rivolto direttamente a noi “schiavi”! Capite come siamo lontani da livelli sindacali e rivendicativi.
La nostra paura è proprio quella di perdere il dono prezioso della nostra radicale obbedienza di fede e di carità! Spero di farmi un po’ capire e che voi non mi sgridiate troppo!
La parte del nostro testo dedicata agli schiavi è la più lunga – vers.22-25! – ed è senz’altro la più importante perché più da vicino celebra la grande “diakonìa” del Signore Gesù!
Questa considerazione mi spinge a verificare che quindi tutti questi confronti tra situazioni e condizioni della vita alla fine portano a concludere che quelle che potrebbero essere vicende e situazioni privilegiate, si rivelano come le più delicate ed esposte, perché più vicine al pericolo di scostarsi da quello che Gesù ci insegna e ci regala nella sua persona e nella sua opera.
Vedasi, in conclusione, la difficile faccenda, al ver.4,1, dei padroni, che sono “schiavi” del padrone che sta in cielo, un padrone che ha della sua signoria una visione e un’obbedienza che chiedono a tutti di dare la vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Qualunque sia la società, la cultura, in cui viviamo, i nostri rapporti, le nostre relazioni sono ormai rigenerate, poiché tutte sono vissute “nel Signore”, come indica ripetutamente il testo. Di qui, infatti, vengono la priorità assoluta dell’amore, l’impegno inderogabile del servizio reciproco, il rispetto, la delicatezza dei rapporti… A proposito degli schiavi, le note sottolineano un’affermazione straordinaria dell’autore: essi, che non hanno avuto alcun diritto a possedere, anzi sono vissuti e vivono come “cosa posseduta” da altri, sono considerati e fatti eredi dal Signore. Sarà bello vedere come il Signore ricolmerà di beni tutti coloro che ne sono stati privati dalle vicende della vita e della società.