figliolprodigo_chagalLa sua insistenza sulla necessità di perdonare sempre mi affascina, ma qualche volta mi sembra un’utopia. Lei dunque, che pure ha così vicino il carcere, non attribuisce importanza ad una pena che possa indurre chi ha fatto del male a ripensarci e a ravvedersi? Non pensa che un “ritiro” di penitenza possa condurre a un maggiore livello di verità e di umiltà una coscienza che si è lasciata traviare? Lei avrà capito che chi le scrive è un sacerdote come lei. La mia esperienza mi dice che proprio nella sofferenza e nel dolore molti ritrovano la strada della pace. Dunque, solo il perdono è la via giusta secondo il Vangelo? Mi scusi il tono di predica. Le auguro una Domenica ricca di ogni bene.

Caro Confratello, ho ricevuto il suo messaggio ieri sera, quando ancora non avevo avuto notizia dell’indizione da parte di Papa Francesco di un anno giubilare dedicato alla Misericordia. Le sue parole sono importanti e rivelano un’esperienza di fede certamente più profonda della mia. Le rispondo con questa parola, “misericordia”, che il Vescovo di Roma mette al centro della nostra riflessione e della nostra preghiera. In fondo non mi sembra di contestare la sua obiezione, perché anch’io incontro ogni giorno in molte persone la presenza della conversione e del pentimento proprio attraverso percorsi di penitenza e di sacrificio. Le rispondo quindi per dirle che aderisco alla sua osservazione proprio collocando tutto sotto la parola “misericordia”. Perché anche un passaggio difficile dell’esistenza, anche una “punizione”, può essere un grande evento della misericordia divina. La misericordia non è una “manica larga”! E’ proprio la misericordia a muovere al dolore del pentimento e al desiderio della riparazione. Però, appunto, mi sembra che tutto debba essere orizzonte e cammino di misericordia. Mai di condanna. Ogni giudizio   umano è buono a condizione che sia giudizio “salvifico”, cioè in vista e per promuovere la salvezza. Mai deve essere “condanna”. Altrimenti ingiustamente ci impadroniamo di un giudizio che deve essere solo di Dio. Proprio questo mi porta a pensare che ogni “giudizio” debba sempre restituire alle persone l’orizzonte della libertà e della speranza. Dunque non può essere “definitivo”. Avrei voglia di verificare a questo proposito, insieme a lei, come anche la traduzione italiana del Vangelo di questa domenica non sia corretta in alcuni passaggi dove attribuisce a Dio una condanna che appunto vuole essere solo un “giudizio per la salvezza”. Il titolo della misericordia ci costringe a pensare che nessuno, a questo mondo, “è fuori”! Tutti siamo dentro al grande abbraccio della compassione divina. Il problema principale non é dunque stabilire chi è dentro e  chi è fuori, ma è quello di capire come portare la potenza del Vangelo anche alle persone e alle vicende più lontane e più ferite. Io riconosco e conosco lei abbastanza per sapere tutto il bene che diffonde intorno a sè, e quanto io per primo dovrei imparare da lei.
Buona Domenica.

Don Giovanni.

Domenica 15 marzo 2015.