Ho recentemente letto un suo scritto dove manifesta la sua fatica e il suo dolore nel considerare il grande dramma nazista e di come da molti anni questo pensiero le torna alla mente proprio in riferimento al popolo tedesco, che oggi appare così lontano da quella barbarie che lo ha visitato. Le scrivo perché io mi trovo del tutto dentro a questi pensieri e  a questi sentimenti, e mi chiedo ancora con stupore e senza sapermi dare una risposta come questo abbia potuto accadere.

Le devo confessare che non ricordo quando mai ho scritto qualcosa su questo tema. Però devo convenire che anche in me il dramma di questo pezzo drammatico della storia europea è ancora molto presente. Ricordo che da adolescente vivevo questo dramma con angoscia. Chiedevo ai miei genitori come si era compiuta  la tragedia di molte famiglie ebree che sapevo essere amiche di famiglia in una città come Mantova, dove la comunità ebraica era da secoli molto presente, molto numerosa e molto ricca di cultura, di imprese e anche di arte. La mia mamma mi raccontava di un suo viaggio in Germania alla fine degli anni trenta, e me ne parlava contestando la dichiarazione di un importante prelato di Roma che definiva il nazismo come la follia di un gruppo. Lei contestava l’affermazione dicendomi di aver visto in un suo viaggio in Germania, nella vetrina di un piccolo fruttivendolo, un cartello dove era scritto: “Qui non possono entrare i cani e gli ebrei”. Ancora oggi io penso che non sia stata la follia di un gruppo, ma la malattia, l’inganno e la tragedia di un popolo. Anni fa mi è stata preziosa la prefazione che don Giuseppe Dossetti scrisse per il testo “Le querce di Monte Sole” di Mons. Gherardi. Dossetti impiegò mesi e un’appassionata ricerca e un drammatica descrizione di quella tragedia. Devo confessare che anche oggi mi ritorna alla mente il pensiero che non si sia fatta di quel dramma un’analisi, una memoria profonda e quindi un giudizio. E questo non per accusare e condannare, ma perché è pericoloso non individuare pensieri, limiti, violenze ed errori che possono rapidamente trasformarsi in tragedie collettive. Non mi ha mai del tutto convinto il detto che “la storia è maestra della vita”, e tuttavia penso che anche la nostra epoca dovrebbe essere più attenta ad analizzare vicende e fatti che sono la causa profonda dei mali del nostro tempo. Mali non piccoli, e che peraltro sono accompagnati da quello che viene chiamato “il cancro dell’indifferenza”, un male che potrebbe esso stesso essere conseguenza di una vicenda vissuta banalmente.
Buona Domenica a lei e ai cari lettori del Carlino.

Giovanni della Dozza.

Nota: Articolo pubblicato su “Il resto del Carlino – Bologna” di domenica 22 Ottobre 2017 nella rubrica “Cose di Questo mondo”.