32 Anche lo straniero, che non è del tuo popolo Israele, se viene da una terra lontana a causa del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio, 33 tu ascolta dal cielo, luogo della tua dimora, e fa’ tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero, perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io ho costruito.
34 Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro i suoi nemici, seguendo la via sulla quale l’avrai mandato, e ti pregheranno rivolti verso questa città che tu hai scelto e verso il tempio che ho costruito al tuo nome, 35 ascolta dal cielo la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia.
36 Quando peccheranno contro di te, poiché non c’è nessuno che non pecchi, e tu, adirato contro di loro, li consegnerai a un nemico e i loro conquistatori li deporteranno in una terra lontana o vicina, 37 se nella terra in cui saranno deportati, rientrando in se stessi, torneranno a te, supplicandoti nella terra della loro prigionia, dicendo: “Abbiamo peccato, siamo colpevoli, siamo stati malvagi”, 38 se torneranno a te con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima nella terra della loro prigionia dove li avranno deportati, e supplicheranno rivolti verso la loro terra che tu hai dato ai loro padri, verso la città che tu hai scelto e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, 39 tu ascolta dal cielo, luogo della tua dimora, la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia. Perdona al tuo popolo che ha peccato contro di te.
40 Ora, mio Dio, i tuoi occhi siano aperti e le tue orecchie attente alla preghiera innalzata in questo luogo. 41 Ora sorgi, Signore Dio, verso il luogo del tuo riposo, tu e l’arca della tua potenza. I tuoi sacerdoti, Signore Dio, si rivestano di salvezza e i tuoi fedeli gioiscano nella prosperità. 42 Signore Dio, non respingere il volto del tuo consacrato; ricòrdati i favori fatti a Davide, tuo servo».
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E’ interessante per noi cristiani considerare questo tratto caratteristico della fede ebraica. Propriamente per un ebreo nessuno può “diventare ebreo”. Per questo, non esiste una “predicazione missionaria” della fede ebraica. Tuttavia c’è una precisa identificazione di quegli “stranieri”, di quei “gentili”, che, non essendo ebrei, aderiscono alla fede e ai costumi dell’ebraismo. Essi vengono chiamati “i timorati di Dio”, “quelli che temono Dio”. Nel nostro testo, forse, l’accezione è ancora più vasta e dice più genericamente e più globalmente “gli stranieri”. Sono persone che vengono al tempio “da una terra lontana a causa del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso” (ver.32). Persone che in ogni modo una certa reale esperienza della fede l’abbiano fatta! Anche questo mi sembra molto interessante per noi e per il nostro vivere tra tanti amici e fratelli che si considerano e sono dei “lontani”, ma forse molto meno di quello che pensano e che si penserebbe. Salomone chiede a Dio di ascoltarli e di esaudirli “perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio…” (ver.33). Anch’io mi ritengo culturalmente un pagano, e in Gesù mi sembra di aver effettivamente conosciuto e riconosciuto questa nota profonda della fede dei padri ebrei.
Ai vers.24-25 si era già considerato il tema della guerra , ma nell’eventualità di una sconfitta e a motivo dei peccati del Popolo, fino alla deportazione. Qui sembra si parli piuttosto di una guerra di conquista: “uscirà in guerra contro i suoi nemici, seguendo la via sulla quale l’avrai mandato”. Pur lontani dalla Città e dal Tempio a questo si rivolgeranno nella loro preghiera: quindi anche da lontano si può tenere il contatto vivo con il Tempio!
Della deportazione e dell’esilio, con un riferimento privilegiato alla cattività babilonese, trattano i vers.36-39. Mi sembra molto importante, e si commenta da sé, l’osservazione del ver.36: “Quando peccheranno contro di te, poiché non c’è nessuno che non pecchi”, realistica fino all’ironia! Nella terra dell’esilio il primo e profondo ritorno è quello della conversione del cuore: “rientrando in se stessi” (ver.37). Allora il miracolo sarà quello che, pur dalla desolazione e dalla lontananza, li farà tornare al Signore “con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima”. Allora “supplicheranno rivolti verso la loro terra che Tu hai dato ai loro padri, verso la città che Tu hai scelto e verso il tempio …”(ver.38). Questo annullerà la distanza.
I vers.40-42, con una lunga citazione di testi, soprattutto del Salmo 131(132), concludono la preghiera del re Salomone.
I Vangeli ci mostrano come fosse dominante, al tempo di Gesù, l’attesa di un Messia “nazionalista”, da cui si attendeva la vendetta divina contro gli altri popoli. Appare perciò magnifica, nella preghiera di Salomone, l’apertura verso lo straniero, anzi la convinzione che lo straniero può pregare il vero Dio, esserne ascoltato e ricevere i suoi doni, la sua grazia. Tutti i popoli della terra – si afferma – possono conoscere e “conoscano il tuo nome”. – Nei versetti successivi si parla del caso del popolo di Israele in guerra. Mi pare significativo che non si chieda a Dio la vittoria militare, ma che egli renda giustizia a chi a lui ricorre. Violenza e ingiustizia sono alieni da Dio, difensore degli oppressi e dei deboli.