21 Ascolta le suppliche del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona!
22 Se uno pecca contro il suo prossimo e, perché gli è imposto un giuramento imprecatorio, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio, 23 tu ascoltalo dal cielo, intervieni e fa’ giustizia con i tuoi servi; condanna il malvagio, facendogli ricadere sul capo la sua condotta, e dichiara giusto l’innocente, rendendogli quanto merita la sua giustizia.
24 Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto di fronte al nemico perché ha peccato contro di te, ma si converte e loda il tuo nome, prega e supplica davanti a te in questo tempio, 25 tu ascolta dal cielo, perdona il peccato del tuo popolo Israele e fallo tornare sul suolo che hai dato a loro e ai loro padri.
26 Quando si chiuderà il cielo e non ci sarà pioggia perché hanno peccato contro di te, ma ti pregano in questo luogo, lodano il tuo nome e si convertono dal loro peccato perché tu li hai umiliati, 27 tu ascolta nel cielo, perdona il peccato dei tuoi servi e del tuo popolo Israele, ai quali indicherai la strada buona su cui camminare, e concedi la pioggia alla terra che hai dato in eredità al tuo popolo.
28 Quando nella terra ci sarà fame o peste, carbonchio o ruggine, invasione di locuste o di bruchi, quando il suo nemico lo assedierà nel territorio delle sue città o quando vi sarà piaga o infermità d’ogni genere, 29 ogni preghiera e ogni supplica di un solo individuo o di tutto il tuo popolo Israele, di chiunque abbia patito piaga e dolore e stenda le mani verso questo tempio, 30 tu ascoltala dal cielo, luogo della tua dimora, perdona e da’ a ciascuno secondo la sua condotta, tu che conosci il suo cuore, poiché solo tu conosci il cuore degli uomini, 31 perché ti temano e camminino nelle tue vie tutti i giorni della loro vita sul suolo che hai dato ai nostri padri.
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La preghiera della fede ebraico-cristiana ha una sua fisionomia caratteristica e non deve essere confusa con le preghiere pagane, alle quali purtroppo viene spesso ridotta. La nostra preghiera ha una direzione e una finalità privilegiata, che è la comunione con il Signore. Tutto quello che si chiede, e che Dio concede, è segno e frutto di tale comunione cercata, richiesta e ricevuta. Perché il peccato è non solo e non tanto una cosa sbagliata, ma, più gravemente e drammaticamente, è il frantumarsi della nostra comunione con Lui: così deve essere interpretato fondamentalmente quello che noi chiamiamo il peccato! Il dono supremo di Dio, la comunione che Egli ha stabilito con noi, viene da noi sciupato, o ignorato, o disprezzato, o dimenticato, o vissuto con banalità ….
Tale è dunque la realtà e la spiegazione degli esempi presenti nel nostro testo. I vers.22-23 trattano il caso di un’accusa tra fratello e fratello nella quale non si capisce chi sia sincero o chi mente. Il giuramento imprecatorio è il portare davanti al giudizio divino la contesa. L’accusato pronuncia questo giuramento nel quale dichiara la sua innocenza. Si chiede al Signore di intervenire punendo il colpevole e dichiarando la giustizia dell’innocente. E’ bello questo esempio che di per sé non coinvolgerebbe la comunione con Dio, ma dove Egli è richiesto di intervenire per la pace famigliare, che solo Lui può portare.
I vers.24-25 fanno il caso di una sconfitta militare e della perdita della terra che Dio ha dato ai padri. La richiesta non è quella di una rivincita contro il nemico che è stato, in realtà, solo lo strumento della giustizia divina, ma si chiede il perdono divino, e quindi il ricupero della comunione con Lui e il ritorno a quella terra che di tale comunione è il segno. Non si tratta di vincere – rivincere – la guerra, ma di tornare a Lui!
I vers.26-27 dicono del peccato contro Dio che Egli punisce chiudendo il cielo. Ma i figli si pentono e “pregano in questo luogo – cioè nel Tempio – lodano il tuo nome e si convertono dal loro peccato”. Dio ascolta dal cielo, perdona il peccato, indica “la strada buona su cui camminare”, e concede la pioggia.
L’ultimo esempio del nostro brano, ai vers.28-31, non cita esplicitamente la vicenda di un peccato del popolo, ma elenca una serie di sventure provocate sia dalla natura sia dai nemici. Si chiede ancora una volta a Dio di ascoltare la preghiera sia del singolo sia di tutto il popolo, e particolarmente di chi “abbia patito piaga e dolore e stenda le mani verso questo tempio”. Allora Dio ascolta, “perdona e da’ a ciascuno secondo la sua condotta”. E tutti insieme “ti temano e camminino nelle tue vie tutti i giorni della loro vita”. Ciascuno e tutti, dunque, secondo la vita di ciascuno, trovino, o ritrovino, o custodiscano, la comunione con il Signore!
L’esito finale di tutta questa vicenda non sarà il premio o l’esclusione dalla famiglia, ma la volontà divina a che tutti camminino insieme, sino alla fine.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Quanti casi (e tutti ci riguardano): dispute giudiziarie, conflitti bellici, carestie e altre piaghe naturali, ma anche le fatiche di ognuno (“chiunque abbia patito piaga e dolore”)… Questa parte della preghiera di Salomone mi suggerisce una parola: “riconciliazione”. Come ci succede quando discutiamo o litighiamo e perdiamo il controllo…, poi sentiamo il bisogno di fare pace, scusarci, riconciliarci, così con Dio. Rivolgendoci a lui nel tempio di pietre o nel “cielo, luogo della sua dimora”, o nel luogo più recondito della nostra casa, sappiamo di essere accolti, perdonati, riconciliati e amati. Egli “conosce il cuore degli uomini” e può farci camminare nelle sue vie.