8 Se anche vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne dispiace. E se mi è dispiaciuto – vedo infatti che quella lettera, anche se per breve tempo, vi ha rattristati –, 9 ora ne godo; non per la vostra tristezza, ma perché questa tristezza vi ha portato a pentirvi. Infatti vi siete rattristati secondo Dio e così non avete ricevuto alcun danno da parte nostra; 10 perché la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte. 11 Ecco, infatti, quanta sollecitudine ha prodotto in voi proprio questo rattristarvi secondo Dio; anzi, quante scuse, quanta indignazione, quale timore, quale desiderio, quale affetto, quale punizione! Vi siete dimostrati innocenti sotto ogni riguardo in questa faccenda. 12 Così, anche se vi ho scritto, non fu tanto a motivo dell’offensore o a motivo dell’offeso, ma perché apparisse chiara la vostra sollecitudine per noi davanti a Dio. 13 Ecco quello che ci ha consolato.
Più che per la vostra consolazione, però, ci siamo rallegrati per la gioia di Tito, poiché il suo spirito è stato rinfrancato da tutti voi. 14 Cosicché, se in qualche cosa mi ero vantato di voi con lui, non ho dovuto vergognarmene, ma, come abbiamo detto a voi ogni cosa secondo verità, così anche il nostro vanto nei confronti di Tito si è dimostrato vero. 15 E il suo affetto per voi è cresciuto, ricordando come tutti gli avete obbedito e come lo avete accolto con timore e trepidazione. 16 Mi rallegro perché posso contare totalmente su di voi.
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Il dono che oggi riceviamo dalla Parola del Signore ci porta a considerare, sia personalmente, sia comunitariamente, il tema della tristezza. O meglio, il tema della tristezza e della gioia.
Tutto parte dal fatto molto concreto di una lettera che a noi non è arrivata, e che il ver.8 ricorda come lettera severa: “Se anche vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne dispiace”, dice Paolo, che commenta: “Se mi è dispiaciuto, ora ne godo”.
Dunque, effettivamente la sua lettera severa ha provocato la loro tristezza, ma quella tristezza “vi ha portato a pentirvi” (ver.9).
Ed è proprio questo che dimostra come la loro tristezza è stata “tristezza secondo Dio”!
Cè infatti una “tristezza del mondo che produce la morte” (ver.10), mentre i Corinti si sono rattristati “secondo Dio”!
E quindi, “quante scuse, quanta indignazione, quale timore, quale desiderio, quale affetto, quale punizione”! (ver.11).
Di quella lettera sappiamo poco. Il ver.12 mostra che forse ci sono stati un offensore e un offeso.
Ma per lo stesso Paolo, l’incidente è superato, e l’importante è che essi si sono “dimostrati innocenti sotto ogni riguardo” e dunque è apparsa chiara da parte loro “la sollecitudine per noi davanti a Dio”. Dunque, per semplificare, possiamo ritenere che per quella lettera ci abbiano patito, ma salutarmente!
E a questo l’Apostolo aggiunge un altro motivo: “Ci siamo rallegrati per la gioia di Tito” (ver.13). Tito è stato probabilmente il latore di quella lettera severa, ed è ora il testimone ammirato dell’obbedienza dei Corinti e della loro accoglienza obbediente (ver.15) e piena di timore e di trepidazione.
Per questo, Paolo che si era vantato di loro con Tito (ver.14), ora vede come egli sia ancora più affezionato a loro che lo hanno accolto e gli hanno obbedito con timore e trepidazione .
E conclude: “Mi rallegro – alla lettera – perché in tutto posso confidare in voi” (ver.16).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.