9 Cerca di venire presto da me, 10 perché Dema mi ha abbandonato avendo preferito il secolo presente ed è partito per Tessalonica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. 11 Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero. 12 Ho inviato Tìchico a Efeso. 13 Venendo, portami il mantello che ho lasciato a Troade in casa di Carpo e anche i libri, soprattutto le pergamene. 14 Alessandro, il ramaio, mi ha procurato molti mali. Il Signore gli renderà secondo le sue opere; 15 guàrdatene anche tu, perché è stato un accanito avversario della nostra predicazione.
16 Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se ne tenga conto contro di loro. 17 Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone. 18 Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
19 Saluta Prisca e Aquila e la famiglia di Onesìforo. 20 Eràsto è rimasto a Corinto; Tròfimo l’ho lasciato ammalato a Milèto. 21 Affrettati a venire prima dell’inverno.
Ti salutano Eubùlo, Pudènte, Lino, Claudia e tutti i fratelli.
22 Il Signore Gesù sia con il tuo spirito. La grazia sia con voi!
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Il congedo dalla Seconda Lettera a Timoteo ci regala uno “spaccato” prezioso dell’antica comunità ecclesiale, numericamente limitata, umanamente molto varia, colta e raccolta in un grande segno di unità. Ovviamente Paolo, in queste sue parole, ne è il filtro interpretativo, e rivela il suo ruolo di guida paterna come profondamente immerso in atteggiamenti fraterni e addirittura figliali. Ascoltiamo oggi queste parole non con il pensiero e la preoccupazione di imitare materialmente quella vicenda, ma, come è proprio sempre della Santa Scrittura, con la speranza di poterle “celebrare” nel tessuto della nostra vita personale e fraterna.
Mi piace innanzi tutto sottolineare la presenza di tanti “nomi”; mi piace sperare sempre in una comunità ecclesiale che supera le inevitabili barriere dell’anonimato per vivere la presenza delle persone, ciascuna con la ricchezza del suo “nome”, cioè della sua persona, della sua storia, e del dono irripetibile di quanto il Signore ha dato a ciascuno per il bene di tutti.
Sottolineo la presenza del peccato, anche grave, nella comunità. Da Dema ad Alessandro il ramaio, sino all’abbandono da parte di tutti che Paolo ha subito durante il processo, non si tratta certo di una comunità di perfetti! Essa sperimenta incessantemente la grande lotta e la grande liberazione pasquale dal male e dalla morte. E sperimenta la sofferenza di vincoli di fraternità che si deteriorano per le oscurità del cuore umano.
Paolo è piccolo e fraternamente bisognoso degli altri: “Cerca di venire presto da me (ver.9)…solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te. Mi sarà utile per il ministero (vers.10-11)…portami il mantello e anche i libri (ver.13)…tutti mi hanno abbandonato (ver.16)…affrettati a venire prima dell’inverno (ver.21)”. Ma è anche esperto di una solitudine che lo immerge nel mistero della presenza di Dio, come dice ai vers.17-18.
Probabilmente ci sono relazioni tra le persone che riflettono livelli diversi di profondità e di affetto: anche questo è caratteristico di una comunità allargata che non perde né il suo volto di famigliarità, né la preziosità di vincoli più profondi con alcune persone.
Sorelle e fratelli carissimi, amiche e amici tutti, domani, 25 maggio, inizia il nostro nuovo cammino nella Scrittura con l’ascolto del Vangelo secondo Luca, cammino che terminerà il 17 novembre! Un lungo, meraviglioso cammino. Spero che tutti desideriamo con gioia e timore di iniziare questa strada antica e nuova nel Mistero del Signore. Oso sperare che possa essere occasione per molti di iniziare un volto nuovo della loro vita, segnato dal dono quotidiano della Parola che è il vero Pane della Vita che Dio fa scendere dal cielo, Manna viva e nuova per il nostro grande pellegrinaggio verso la Casa del Padre. Oso sperare che ci sia compagno di strada anche qualcuno che non si ritenga interno all’orizzonte della fede, ma voglia camminare con noi per qualche motivo di affetto o di spirituale curiosità.
Voglio anche riferirvi un dialogo che questa mattina Pierluigi Castagnetti mi ha trasmesso. Un dialogo tra la sua sposa Annamaria, molto ammalata, e il suo medico curante. Confido che ad Anna non dispiaccia che questo aiuti la poca fede mia e di altri. “Dottore, voglio andare di là, mi è venuta una certa fretta, mi aiuti, cioè non rallenti l’andata,mi piacerebbe andarci entro maggio, è bello morire di maggio” “Perchè questa fretta? Lei a me serve molto, i suoi colloqui mi servono molto, figuriamoci ai suoi cari che la circondano con tanto amore”. “Anche lei a me serve molto, figuriamoci i miei cari il cui amore vedo e godo tutti i giorni. Ma tutto questo lo so già. Vede, questa malattia mi ha dato molto, mi ha fatto conoscere tante cose e sperimentare tante cose. Anche il dolore più forte e le esperienze più orribili danno sensazioni preziose. Ma sono questi giorni tutti uguali che rendono pesante l’attesa. Ho proprio voglia di andare di là”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Paolo ci conferma ancora una volta la fecondità straordinaria della sua vicenda di discepolo del Signore abbandonato, lasciato solo, dimenticato in carcere. “Solo Luca è con me”. Ma proprio per questo “Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili”. La nostra regola parla di questa fecondità nel capitolo 12: “Il voto e la virtù della castità ci portano… a sperare di essere scelti per la solitudine totale dello spirito, come pegno benedetto di una fecondità sovrannaturale nei confronti di molte anime”.
Mi è piaciuto molto la cornice di relazioni nella quale è inserito questo discorso così bello ma anche così difficile della solitudine. E’ una cornice di tante relazioni importanti tra gli amici (e nemici) di Paolo e Timoteo. Si parla anche di pergamene e mantelli! Per ben due volte Paolo sollecita Timoteo: “affrettati a venire!”. Quindi è consapevole della fecondità della sua Pasqua personale ma è anche desideroso di abbracciare presto il suo amico carissimo!
Nel testo di oggi sono citate per nome tante persone, le quali in modo diverso, in positivo o in negativo, ruotano intorno alla vicenda “pasquale” di Paolo; in qualche modo analogamnete ai Vangeli della Passione.
Nel testo di oggi è sempre evidente il ruolo di responsabilità e di guida che Paolo esercita: chiama, invia..; però in questa situazione di prigioniero che ha la consapevolezza di essere vicino al transito finale; e in questo anche fragile e bisognoso, tanto da domandare il sostegno della presenza di Timoteo. Ciò non contraddice la sua consapevolezza che comunque il Signore è con lui, anche nella solitudine. Sono anche questi elementi che si ritrovano nei Vangeli della Passione del Signore. La commistione forza/debolezza richiama altri testi delle lettere di Paolo:”Tutto posso in colui che mi dà la forza”; “Ti basti la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta nella debolezza”; Mi vanterò quindi benvvolentieri della mia debolezza, perchè dimori in me la potenza di Croisto…Quando sono debole, è allora che sono forte”. Le parole severe di Paolo riguardo al fratello nella fede Dema evidenziano che in quel caso Dema “nella amare il secolo presente”, aveva perso un occasione di amare la manifestazione del Signore Gesù. Aveva perso un’occasione, nella misura in cui è proprio nella condizione e nelle sofferenze di Paolo che in quel momento si manifestava il Signore Gesù. Il saluto finale ci dice cosa alla fine è impotante: l’essere il Signore con lo spirito di ciascuno di noi e la sua grazia con tutti noi.