12 È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato. 13 Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. 14 Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.
15 Tu sai che tutti quelli dell’Asia, tra i quali Fìgelo ed Ermògene, mi hanno abbandonato. 16 Il Signore conceda misericordia alla famiglia di Onesìforo, perché egli mi ha più volte confortato e non si è vergognato delle mie catene; 17 anzi, venuto a Roma, mi ha cercato con premura, finché non mi ha trovato. 18 Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso Dio in quel giorno. E quanti servizi egli abbia reso a Èfeso, tu lo sai meglio di me.
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Nel testo originale è interessante ai vers.12-13 anche il “suono” delle parole che sembrano rimandarsi l’una all’altra: “soffro … non me ne vergogno … ho posto la mia fede … sono convinto”, così come si richiamano “ciò che mi è stato affidato” (ver.12) e “il bene prezioso che ti è stato affidato” (ver.14). Tutto questo sembra voler sottolineare il legame autentico e prezioso tra il dono di Dio, la predicazione apostolica di Paolo e la fede del credente, di Timoteo!
Dunque è il mistero stesso di Dio che in Gesù Dio dona all’umanità e che la comunità credente ha il dono e la responsabilità di custodire e di comunicare! E tale sembra essere “il bene prezioso” che deve essere accolto, custodito e trasmesso. Questa sembra essere ai vers.12-14 l’esortazione che Paolo rivolge a Timoteo: quello che Paolo ha ricevuto dal Signore lo ha comunicato a Timoteo. Timoteo ora ha la responsabilità di custodire quello che ha ricevuto.
I vers.15-18 commentano in certo senso, e descrivono, la grande “avventura” della Parola e del dono di Dio regalato per questa via all’intera umanità. E che in questa seconda parte del nostro brano i personaggi siano comuni cristiani, e non “ministri” come Paolo e Timoteo, è molto interessante e importante perché mostra come di tale storia della salvezza tutti siamo partecipi e responsabili: e lo è sia chi non è fedele al suo compito come “tutti quelli dell’Asia” del ver.15, sia chi, come Onesiforo e la sua famiglia, è attivo e fedele.
Qui sembra che la forza e l’efficacia della testimonianza cristiana sia in modo privilegiato la via della misericordia. E chi è stato misericordioso con i fratelli, troverà misericordia presso Dio (vers.16-18).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Al v.12 troviamo quella bella affermazione di Paolo che noi “veterani” abbiamo ancora nelle orecchie in lingua latina: “Scio cui credidi et certus sum quia potens est depositum meum servare…”; “so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato”. Il deposito affidato – all’apostolo e a noi – è la buona notizia, è il Vangelo, da custodire, da comunicare… Al v.14 è chiamato “il bene prezioso”, “il bel deposito”, e la sua custodia avviene grazie allo Spirito Santo abitante in noi, “accasato” in noi. – Quell’augurio finale di “trovare misericordia” presso il Signore, che Paolo fa a Onesìforo e alla sua famiglia, oggi ce lo possiamo rivolgere anche noi, a vicenda.