12 Agli altri dico io, non il Signore: se un fratello ha la moglie non credente e questa acconsente a rimanere con lui, non la ripudi; 13 e una donna che abbia il marito non credente, se questi acconsente a rimanere con lei, non lo ripudi. 14 Il marito non credente, infatti, viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, ora invece sono santi. 15 Ma se il non credente vuole separarsi, si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a schiavitù: Dio vi ha chiamati a stare in pace! 16 E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che ne sai tu, uomo, se salverai la moglie?
Seleziona Pagina
Paolo elabora nuove indicazioni per la vita coniugale che mentre indicano e consentono norme che sono conseguenze del dono e del primato dell’amore, mostrano ulteriormente la bontà e la fecondità della luce evangelica nella condizione umana e nelle vicende di ogni persona. Così, si fa il caso del credente che ha “la moglie non credente” (ver.12) o della donna “che abbia il marito non credente”. Continua l’indicazione fondamentale di non spezzare il vincolo di comunione, e se ne sottolinea la potenza di bene affermando che il coniuge non credente “viene reso santo” dal coniuge credente. E questo, non per un esplicito movimento o evento di conversione, ma semplicemente per la potenza dell’amore che li unisce. E i figli credenti – “santi” dice al ver.14 – sono il segno della verità e della bontà del vincolo che unisce i genitori.
Peraltro, i vers.15-16 non vogliono fare di questo un vincolo opprimente. Se il non credente vuole separarsi, lo faccia, e questo scioglierà anche il coniuge credente dal vincolo che lo univa all’altro. E sono bellissime le due motivazioni che l’Apostolo fa di questo. Innanzi tutto, “Dio vi ha chiamati a stare in pace!” (ver.15). Alla lettera, direbbe, “Dio vi ha chiamati nella pace”; dunque, non in una “galera”. E poi, una semplice considerazione di umiltà: “E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che sai tu, uomo, se salverai la moglie?” (ver.16). In tutto questo, colpisce anche l’assoluta parità e reciprocità nella condizione e nell’azione dell’uomo e della donna.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
I due partner, uno credente e uno no, avevano ritenuto di potersi amare e poter costituire una famiglia nonostante la diversa fede religiosa. Poi si sono accorti che non è così. Che fare? Qui Paolo ci dà una bella sorpresa: si possono separare. La separazione, in certi casi, è la soluzione logica, normale, legittima, seppure faticosa e dolorosa per i due sposi e per tutti. L’unione sponsale non può diventare una prigione, come spiega don Giovanni. – Importante quel “dico io, non il Signore”: i responsabili della comunità possono valutare e decidere quanto nel Vangelo non poteva essere precisato. – Bello quel “viene reso santo”, “viene resa santa”, detto della moglie o del marito non credente: la santità, il dono della grazia divina è pervasivo e si comunica come noi non sappiamo nemmeno immaginare. E anche i figli sono santi, partecipi di quella vita nuova che il Padre ci ha regalato.