9 Una vedova sia iscritta nel catalogo delle vedove quando abbia non meno di sessant’anni, sia andata sposa una sola volta, 10 abbia la testimonianza di opere buone: abbia cioè allevato figli, praticato l’ospitalità, lavato i piedi ai santi, sia venuta in soccorso agli afflitti, abbia esercitato ogni opera di bene. 11 Le vedove più giovani non accettarle perché, non appena vengono prese da desideri indegni di Cristo, vogliono sposarsi di nuovo 12 e si attirano così un giudizio di condanna per aver trascurato la loro prima fede. 13 Inoltre, trovandosi senza far niente, imparano a girare qua e là per le case e sono non soltanto oziose, ma pettegole e curiose, parlando di ciò che non conviene. 14 Desidero quindi che le più giovani si risposino, abbiano figli, governino la loro casa, per non dare all’avversario nessun motivo di biasimo. 15 Già alcune purtroppo si sono sviate dietro a satana. 16 Se qualche donna credente ha con sé delle vedove, provveda lei a loro e non ricada il peso sulla Chiesa, perché questa possa così venire incontro a quelle che sono veramente vedove.
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Nel passo odierno, ancora più che in quello di ieri, si intravede la complessità della questione della presenza e dell’attività delle vedove all’interno della comunità di Efeso dove Paolo ha lasciato Timoteo come suo rappresentante.
Si viene a sapere dell’esistenza di un catalogo (cf. v. 9a) cioè di una lista di iscritte, segnalate per usufruire dell’assistenza materiale da parte dell’intera comunità. Inoltre si precisano i criteri di valutazione per consentire tale iscrizione (cf. vv. 9b-10). Paolo affronta qui il problema delle vedove più giovani (cf. vv. 11-15) ed esprime con forza il suo autorevole parere: non siano iscritte nel catalogo e si risposino. Infine un tocco di prudenza riguarda i casi nei quali esiste già una forma di assistenza nei confronti di gruppetti sparsi di vedove: queste situazioni possono procedere senza essere modificate, cioè senza venire a gravare sulle casse dell’intera comunità (cf. v. 16).
In tutte queste indicazioni e situazioni diverse Paolo sembra sottolineare il valore intrinseco delle opere buone (l’espressione si trova due volte al v. 10: all’inizio si tratta propriamente di «opere belle», alla fine di «opere buone») che le vedove, o le spose prima di diventare vedove, possono e anzi debbono compiere. La lode delle opere buone mette in rilievo l’equivocità e la negatività del comportamento delle giovani vedove che «trovandosi senza far niente» (v. 13a, letteralmente: «prive di opere») sono «oziose» (v. 13b, letteralmente di nuovo: «prive di opere»).
Si può notare infine che nel dettaglio e nella varietà delle situazioni di vita più imprevedibili che le circostanze contingenti assegnano all’esistenza delle persone è sempre in gioco la loro fede (v. 12: «si attirano così un giudizio di condanna per aver trascurato la loro prima fede») e l’esposizione al mistero del male (vv. 14b-15: «per non dare all’avversario nessun motivo di biasimo. Già alcune purtroppo si sono sviate dietro a satana»).