5,1 Non essere aspro nel riprendere un anziano, ma esortalo come fosse tuo padre; i più giovani come fratelli; 2 le donne anziane come madri e le più giovani come sorelle, in tutta purezza.
3 Onora le vedove, quelle che sono veramente vedove; 4 ma se una vedova ha figli o nipoti, questi imparino prima a praticare la pietà verso quelli della propria famiglia e a rendere il contraccambio ai loro genitori, poiché è gradito a Dio. 5 Quella poi veramente vedova e che sia rimasta sola, ha riposto la speranza in Dio e si consacra all’orazione e alla preghiera giorno e notte; 6 al contrario quella che si dà ai piaceri, anche se vive, è già morta. 7 Proprio questo raccomanda, perché siano irreprensibili. 8 Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele.
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Nei vv. 1-2 Paolo ripete al figlio e discepolo Timoteo di «esortare» (cf. 4,13: dedicati…all’esortazione). Nell’esortazione Timoteo deve tener conto della condizione dei suoi interlocutori ed improntare ogni rapporto alla familiarità. Verso i più anziani di lui starà particolarmente attento a non essere aspro e verso le donne più giovani ad essere puro (cf. 4,12: sii esempio ai fedeli…nella purezza).
I vv. 3-8 sono la prima parte di un lungo discorso riguardo alle vedove (vv. 3-16) che evidentemente dovevano essere numerose ed importanti nella comunità di Efeso. Timoteo viene richiesto anzitutto di distinguere tra di loro quelle che sono veramente vedove (cf. vv. 3.5) da quelle che invece non lo sono (vv. 6.8). Una donna risulta veramente vedova dal comportamento dei figli e dei nipoti (cf. v. 4) e dalla propria stessa dedizione nella speranza verso Dio e in una vita di preghiera (cf. v. 5). Al contrario una donna pur vedova non lo è veramente se si dà ai piaceri (cf. v. 6) e non si prende cura dei propri familiari (cf. v. 8): la sua condizione è dichiarata da Paolo come quella del marito che ha perduto (v. 6: è morta) e di chi rinnega la fede (cf. i casi di Imeneo e Alessandro in 1,19-20).
Il nostro amico Fabiani ci ha segnalato l’importanza che questo testo assume qui a Mapanda (Tanzania – Africa), essendoci di questi tempi molte vedove, spesso malate, e anche da sole; e anche quindi la problematica relativa al loro aiuto da parte della Chiesa.
Al cap. 3, v. 4, si poteva dedurre che il vescovo nella Chiesa doveva comportarsi come un padre con i suoi figli. Oggi Paolo invita Timoteo a essere come figlio e fratello dei credenti.
In tutta purezza – si riferisce certo soprattutto ai rapporti con le donne giovani; ma forse lo si può estendere anche agli altri rapporti citati, considerando questa purezza come il contrario del desiderio di dominio, che forse il primo verbo del v. 1 può presupporre; nella consapevolezza che l’assemblea dei credenti non è un possesso privato, ma è la Chiesa del Dio vivente.
Al v. 3 si dice che i figli e i nipoti devono imparare a praticare la pietà nei con fronti di chi è rimasta vedova. Può stupire l’uso del verbo imparare, riguardo a una cosa che si potrebbe ritenere naturale o comunque insita nella tradizione.
Al cap. 3 v. 16 era stato detto: “dobbiamo confessare che grande è il mistero della pietà”; è questo stesso mistero che siamo chiamati a imparare a esercitare e a far fiorire nelle vicende della vita.
Il v. 8 presenta una situazione di partenza negativa e desolata (tra l’altro il rimanere sola può essere anche perché i parente l’hanno lasciata sola, come si ipotizza nei versetti seguenti) che nella fede viene riscattata. Si può anche ricordare quanto Gesù dice degli eunuchi: vi sono quelli così di nascita, quelli fatti eunuchi dagli uomini, e quelli che si fanno eunuchi per il regno dei cieli; ove si può anche considerare la possibilità delle prime due categorie di “operare una trasformazione” facendosi eunuchi per il regno dei cieli.