17 Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, 18 perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. 19 E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, 20 che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. 21 Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. 22 Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.
1 Pietro 3,17-22

La ripresa del ver.17 ci porta alla grande conferma di una storia ormai interamente guidata e salvata dalla Pasqua di Gesù. E dunque la nostra stessa vita ora può e deve essere sempre celebrazione della Pasqua. Chiamati dalla stessa volontà di Dio a “soffrire facendo il bene”(ver.17), in questo appunto viviamo – cioè “celebriamo” – nella nostra umile e povera esistenza la grande Pasqua del Signore Gesù. Quella Pasqua che celebriamo nella Messa siamo chiamati a celebrarla in tutta la nostra vita.
Il modello, la sorgente e la potenza di tutto questo è Cristo, che “è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio”(ver.18). La sua morte d’amore è potenza di vita nel suo Spirito. Amo molto l’espressione di Giovanni 19,30, che così descrive la morte di Gesù: “Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “E’ compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito”, dove il termine “consegnò”, significa “trasmise”, e quindi donò. La sua morte è fonte della vita nuova nel suo Spirito.
I vers.19-20 dicono della sua “discesa agli inferi”, come professiamo nel “Credo” della nostra fede. Solo qui si ricorda con una certa ampiezza – altrove ci sono solo accenni di tale evento – l’annuncio della salvezza a tutti coloro che erano morti senza poter ascoltare l’annuncio evangelico. Io sono portato a considerare il ricordo del diluvio e della salvezza nell’arca per gli otto, cioè per Mosè e sua moglie e per i suoi tre figli e le loro mogli, come figure simboliche della profezia della salvezza universale. L’acqua del diluvio viene esplicitamente ricordata nella liturgia battesimale, come figura e profezia dell’acqua battesimale. Al ver.21 si dice: “Quest’acqua, come immagine del Battesimo, ora salva anche voi”. Ma la salvezza non è solo e tanto una purificazione e un lavaggio rituale! E’ la vita nuova dei figli di Dio! E’ possibilità per noi di celebrare l’ “invocazione di salvezza rivolta a Dio” – salvezza dal male e dalla morte! – “in virtù della risurrezione di Gesù Cristo”. Morti e risorti con Lui e per Lui, ora anche noi abbiamo la possibilità e la potenza di dare la vita!
Tale è dunque il significato profondo del “soffrire operando il bene” del ver.17 che la Parola donataci oggi dal Signore illumina con la Pasqua di Gesù! Questo è il mistero dell’amore: vivere per dare la vita. Il ver.22 sigilla tutto nella potenza assoluta di Gesù che, avendo dato la vita, ora “è alla destra del Padre, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i principati e le potenze”. Anche l’esistenza apparentemente più piccola e povera riceve dalla Pasqua del Signore questa potenza di salvezza, questa infinita potenza di bene.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Una prima osservazione: il battesimo (come gli altri sacramenti) non garantisce una salvezza automatica, ma è “invocazione di salvezza rivolta a Dio”, l’inizio di un cammino con Lui, “in virtù della risurrezione di Gesù Cristo”. Una seconda osservazione: Gesù e la sua Pasqua dominano in tutto il brano; Egli “è morto una volta per sempre…, giusto per gli ingiusti…, reso vivo nello spirito”. Ed ora è insediato, nella vita di Dio, alla sua destra, in piena sovranità e regalità.