dozzaOggi requisisco tutta la nostra rubrica per una notizia pubblicata dal Carlino venerdì scorso: “E’ entrato in una panetteria di via Ferrarese e con un coltello ha costretto la titolare a consegnargli l’incasso, circa 30 euro. È successo l’altra sera verso le 18,30 e il rapinatore, un ventisettenne, dopo il colpo si è rifugiato nella parrocchia della Dozza, dove vive. Qui l’ha trovato e arrestato la polizia, seguendo le tracce indicate dalla vittima e da un testimone. Lui ha confessato”.

È la nostra parrocchia. Forse perché ben conosce i miei limiti spaventosi, il Buon Dio mi ha fatto trascorrere la mia vita di parroco, per ventitré anni nella mini-parrocchia di Sammartini, una   meravigliosa campagna in riva al Panaro, e da diciassette anni nella meravigliosa medio-parrocchia di S. Antonio da Padova alla Dozza. In questi anni me la sono cavata per il bene straordinario che mi hanno sempre voluto i parrocchiani, e, tra di loro, i molti buonissimi e pazientissimi ministri, diaconi, lettori e accoliti. E con la presenza affettuosissima di molte donne ultra-brave. Ci piace leggere la Bibbia e in particolare il Vangelo di Gesù. Ci piace molto la Liturgia. Piano piano è nata anche una piccola comunità di fratelli, sorelle e sposi. Da molti anni ci viene a trovare molta povera gente. Per questo, una trentina d’anni fa, ancora a Sammartini, abbiamo fatto una preghiera al Signore per dirgli che non avevamo una gran vocazione per la povera gente, ma se  per caso aveva qualcuno che non sapeva dove mandare, ce lo mandasse. E lui l’ha fatto. E questi poveri ci hanno fatto del gran bene. In questa piccola comunità si fa un po’ una vita da monaci, anche se parecchio fuori dalle righe e dalle regole. Con una meravigliosa Regola scritta più di sessant’anni fa da don Giuseppe Dossetti: “roba fina”. Questi poveri sono un grande aiuto anche per la preghiera. Il ragazzo di cui parla il Carlino è un parrocchiano della Dozza. Tutta la sua vita è stata ferita fin dalla nascita. E la droga è stata il grande dominio prima sui suoi poveri genitori e poi su di lui. E anche su una donna dalla quale ha avuto un figlio, che è ancora piccolo. Non abbiamo più voluto che lui abitasse con i suoi anziani nonni, letteralmente distrutti dalle sue avventure. Per questo l’abbiamo accolto tra noi, in attesa che abbia posto in una comunità terapeutica. A questo povero ragazzo vogliamo bene. Lo affido alla vostra preghiera. Ormai è completamente giù di testa. Questa mattina ho fatto una visita di scuse ai proprietari della panetteria che sono stati gentilissimi! Può darsi che adesso, dal carcere, ci possa essere un indirizzo più forte e più efficace verso una comunità di recupero. Se pregate per lui mi fate un grande regalo perché gli voglio bene come a un figlio. Buona Domenica a tutti.

Giovanni della Dozza.

Nota: Articolo pubblicato su “Il resto del Carlino – Bologna” di domenica 27 Novembre 2016 nella rubrica “Cose di Questo mondo”.