Vincenzo Balzani FotoOggi il nostro Vincenzo Balzani ha ricevuto al Quirinale dalle mani del capo dello stato Giorgio Napolitano il “Nature Award for Mentoring in Science”.I più sentiti complimenti al nostro carissimo Vincenzo.
– Link all’articolo di Repubblica Bologna di oggi, 25 Novembre 2013
– Link all’articolo del Resto del Carlino Bologna
– Link a UNIBO magazine (notiziario dell’università di Bologna)
– Link all’articolo di Controcampus.

Per amichevole concessione, riportiamo di seguito il testo del breve discorso pronunciato da Vincenzo Balzani al Quirinale in occasione del conferimento del premio “Nature Award for Mentoring in Science”.

Vincenzo Balzani
Nature Award for Mentoring in Science
25 Novembre 2013, Palazzo del Quirinale

Signor Presidente della Repubblica, autorità, colleghi, signore e signori, buon giorno.

Anzitutto voglio ringraziare il Presidente della Repubblica, che ci onora con la sua presenza, per il costante impegno a favore della scienza e più in generale della cultura. Ringrazio anche i dirigenti della rivista Nature per aver voluto conferire il loro prestigioso premio in questo luogo, che meglio di ogni altro rappresenta la nostra Italia.

Devo poi ringraziare moltissime persone: i giovani colleghi italiani e stranieri che hanno voluto presentare la mia candidatura, i più di cento ricercatori e scienziati di ogni parte del mondo che hanno passato mesi o anni nel nostro laboratorio, imparando, e anche insegnandoci, molte cose; ringrazio la gloriosa Università di Bologna e il nostro paese, l’Italia, che mi sono sempre sentito fiero di rappresentare nelle centinaia di conferenze tenute in tutto il mondo.

Ma il ringraziamento fondamentale va alla Divina Provvidenza che molti anni fa, quando frequentavo il liceo scientifico, mi ha fatto innamorare di una ragazza di nome Carla, che poi è diventata mia moglie, e di una scienza di nome Chimica, che ha permeato tutta la mia vita di docente e di ricercatore.

La ricerca scientifica è così bella che a volte strega chi di lei si innamora e lo avvolge fino a racchiuderlo in una torre, non sempre d’avorio, dove lo scienziato rischia di isolarsi. E’ accaduto anche a me all’inizio della carriera. Poi, col passare degli anni, mi sono reso conto che chi ha avuto il privilegio di studiare e di fare un mestiere così bello come quello del professore universitario non può rimanere chiuso nelle sue ricerche, per quanto belle e gratificanti esse siano.

C’è una responsabilità che deriva dalla conoscenza: lo scienziato ha il dovere di occuparsi dei problemi della società, deve contribuire a risolverli. Ha molti modi di farlo: con le sue ricerche, l’insegnamento, la divulgazione della scienza e anche partecipando attivamente al governo della sua università, della sua città o della nazione. Questo impegno è oggi più che mai importante, perché viviamo in un momento cruciale della storia, caratterizzato da due grandi problemi, da due “insostenibilità”: quella ecologica, che trova il suo culmine nella crisi energetico-climatica, e quella sociale che vede sempre più allargarsi la forbice fra i ricchi e i poveri. Come ha scritto il premio Nobel Richard Ernst: “Chi altro, se non gli scienziati, ha la responsabilità di stabilire le linee guida verso un progresso reale, che protegga anche gli interessi delle prossime generazioni?”

Ho cercato e cerco ancora di trasmettere ai colleghi più giovani, due messaggi che hanno in comune la parola <fuoco>.

Uno riguarda la didattica: nel preparare le vostre lezioni, dico, ricordate la massima di Teofrasto: “Insegnare non è versare acqua in un vaso, ma accendere un fuoco”. I giovani hanno bisogno di maestri di vita che non insegnino solo la scienza, ma che facciano anche capire per che cosa la scienza deve o non deve essere usata: per la pace e non per la guerra, per ridurre e non per aumentare le disuguaglianze fra paesi ricchi e paesi poveri, per custodire il pianeta, non per distruggerlo, in modo che sia abitabile anche per le prossime generazioni. Questi concetti potrebbero, dovrebbero essere lampi di luce capaci di accendere un fuoco anche nei freddi programmi dei corsi scientifici.

L’altro messaggio riguarda la ricerca; prima di tutto dico ai giovani che per avere successo ci vuole creatività e passione; una grande passione, perché come ha scritto Albert Szent-Gyorgyi “Ogni scoperta consiste nel vedere ciò che tutti hanno visto e nel pensare ciò a cui nessuno ha mai pensato.”

Creatività e passione, dunque, che i giovani scienziati dovranno usare per svolgere, fra gli altri, un compito molto importante, quello di re-inventare il fuoco: nel senso che il fuoco, cioè l’energia che sostiene lo sviluppo della civiltà, non potrà più essere ottenuto bruciando le risorse che abbiamo trovato sotto terra, i combustibili fossili, ma dovrà essere creato utilizzando la luce del sole, che scende dal cielo.

Re-inventare il fuoco sarà un’impresa entusiasmante per le nuove generazioni.

Grazie.