Domenica 20 novembre scorso, presso laBiblioteca comunale di Crevalcore, a cura della comunità MASCI Sammartini 1, si è tenuta la tavola rotonda sul tema: Il Concilio ecumenico Vaticano II – Avvenimento di ieri per l’oggi e il domani.
Di seguito qualche appunto e un po’ di foto dell’incontro.

Sono passati ormai 50 anni dall’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II, avvenuta l’11 ottobre 1962! Fu un avvenimento importantissimo che molto ha influito sulla nostra vita di fede. Ma molto di più è ancora da attuare. Oggi soprattutto manca la sensazione di entusiasmo, di gioia e di apertura prodotta dal Concilio. Si guardava al dialogo con le altre realtà con il desiderio di fare un cammino assieme, su obiettivi comuni, importanti sia per gli uni sia per gli altri. Anche oggi, come allora, il mondo sta vivendo grandi trasformazioni, rapide e impreviste, e non mancano i profeti di sventura, capaci di non vedere altro che rovine e guai.

Con l’intento di rivivere l’attualità del Concilio e trarne ispirazione e forza, domenica 20 novembre, presso la Biblioteca comunale di Crevalcore, la Comunità MASCI-Sammartini (Adulti Scouts Cattolici) ha organizzato una tavola rotonda dal titolo: Il Concilio ecumenico Vaticano II, avvenimento di ieri per l’oggi e il domani, raccogliendo il contributo di persone che, un tempo non lontano, nessuno mai sarebbe riuscito a mettere insieme attorno allo stesso tavolo.

Infatti i relatori sono stati il Prof. Luigi Pedrazzi, fondatore e collaboratore del Mulino; presente sulla scena ecclesiale e politica fin dagli anni ’50. Il Dott. Michel Charbonnier, pastore valdese della Chiesa Metodista di Bologna; si è occupato per diversi anni di Ecumenismo a livello europeo. Il Dott. Armando Sarti, fondatore e sostenitore dell’Ulivo, appartenente al PCI bolognese, poi DS, poi PD.

Il prof. Pedrazzi ha evidenziato la situazione di isolamento della Chiesa cattolica negli anni ’50 del secolo scorso, dovuta alla sua difficoltà di interpretare i tempi nuovi e di colloquiare con le realtà emergenti. In questo contesto nel 1958 fu eletto un papa anziano. Doveva essere “un papa di transizione” e invece, ispirato dallo Spirito Santo, con commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, indisse un Concilio ecumenico con l’intento di presentare «le verità di sempre» in modo congeniale agli uomini e alle donne del nostro tempo. Nella fase preparatoria Papa Giovanni lasciò libertà di parola a tutti, anche a quelli contrari. Ma fu proprio questo a permettere la nascita nei vescovi di una mentalità nuova tanto che dei 70 schemi-di-discussione prodotti nella fase preparatoria tutti, tranne uno, furono bocciati e rifatti.

Il dott. Charbonnier ha sottolineato l’importanza della definizione di «Chiesa popolo di Dio» fatta dal Concilio, in sostituzione della precedente che definiva la Chiesa una entità perfetta, gerarchicamente organizzata in forma piramidale, con alla sommità il papa, vicario di Cristo in terra, e alla base i fedeli. La «Chiesa popolo di Dio» è una concezione simile a quella protestante. In essa i rapporti non sono gerarchici ma di Comunione, a partire dal Battesimo, e questa Comunione dovrebbe essere a tutti i livelli. Purtroppo, ha notato Charbonnier, se ne è ancora lontani in particolare per quanto riguarda la collegialità episcopale e il rapporto papa / vescovi. Questa Comunione dovrebbe reggere anche i rapporti tra la Chiesa cattolica e gli altri Cristiani a livello ecumenico. In questo il Concilio ha fatto un passo enorme quando ha chiamato i protestanti “fratelli”, mentre fino ad allora erano considerati eretici. Ma sono stati chiamati “fratelli separati” e questo ha lasciato un’ombra su questa comunione fraterna. Charbonnier ha incoraggiato a portare avanti la riflessione sulla «Chiesa popolo di Dio» che è un’espressione decisiva, la cui forza deve essere lasciata operare.

A partire dalla sua esperienza “di sinistra”, anche l’intervento del dott. Sarti ha avuto come oggetto «il popolo», ovviamente non il popolo di Dio ma semmai quello di cui parla la Costituzione. E questo con un riferimento particolare alla città di Bologna e alla collaborazione che si venne a creare negli anni ’60 tra il cardinal Lercaro e Dossetti per la Curia, Dozza e Fanti per l’Amministrazione comunista della città. La spinta ideale e la capacità di dialogo che veniva sempre più manifestandosi facilitò molte importanti scelte fatte in quei tempi. In particolare su alcune scelte di fondo quali la pace, in quel momento minacciata dai pericoli di una guerra atomica, e il bene comune, cioè l’intesa e la necessità di lavorare tutti insieme senza fratture, per il bene collettivo della città.

La collaborazione tra Amministrazione comunista e Cattolici portò alla nascita dei «consigli di quartiere», estesi poi a tutte le città italiane da una legge nazionale basata proprio sull’esperienza di Bologna. Questo significava allargare la cosiddetta «stanza dei bottoni» a tutta la città, facilitando la partecipazione di tutti e quindi la loro corresponsabilità nella direzione della cosa pubblica. In particolare «i quartieri» permettevano di andare incontro alle esigenze dei più deboli. In seguito le cose sono cambiate in senso burocratico ma, ha affermato Sarti, oggi è comunque utile ripensare a quegli anni, ai motivi che hanno portato allora alla creazione di quella che è oggi Bologna, tornare a riflettere sul perché di quella esperienza e sul come allora si sia manifestata.