30 L’acqua spegne il fuoco che divampa, l’elemosina espia i peccati. 31 Chi ricambia il bene provvede all’avvenire, al tempo della caduta troverà sostegno.
1 Figlio, non rifiutare al povero il necessario per la vita, non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi. 2 Non rattristare chi ha fame, non esasperare chi è in difficoltà. 3 Non turbare un cuore già esasperato, non negare un dono al bisognoso. 4 Non respingere la supplica del povero, non distogliere lo sguardo dall’indigente. 5 Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo, non dare a lui l’occasione di maledirti, 6 perché se egli ti maledice nell’amarezza del cuore, il suo creatore ne esaudirà la preghiera. 7 Fatti amare dalla comunità e davanti a un grande abbassa il capo. 8 Porgi il tuo orecchio al povero e rendigli un saluto di pace con mitezza. 9 Strappa l’oppresso dal potere dell’oppressore e non essere meschino quando giudichi. 10 Sii come un padre per gli orfani, come un marito per la loro madre: sarai come un figlio dell’Altissimo, ed egli ti amerà più di tua madre.
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Mi sembra che il criterio più semplice per accogliere e interpretare questa Parola che ci parla della “carità” sia tener conto con attenzione e con passione che la povertà, la povertà di ciascuno e di noi tutti è elemento fondante e fondamentale della fede ebraica e cristiana!
La salvezza di me, povero e peccatore, il cuore della nostra fede, è intimamente connessa con l’infinita carità di Dio, con la sua misericordia, di Lui che si piega sulla mia e nostra povertà, ci soccorre e ci salva!
Questa è la fede e la salvezza di Israele, è la fede e la salvezza della Chiesa, di ciascuno di noi, e del mondo intero: la compassione di Dio per la nostra povertà materiale, spirituale, psicologica ….
Per questo mi sembra luminosa l’immagine del nostro testo al ver.3,30: come l’acqua “spegne il fuoco che divampa”, così “l’elemosina espia i peccati”! Ognuno di noi è “esperto” di misericordia e di salvezza, perché è “misericordiato” come dice Papa Francesco, e perché è incessantemente “salvato”.
Per questo, dice il ver.31, “chi ricambia il bene provvede all’avvenire, al tempo della caduta troverà sostegno”!!
La nostra “povertà-fragilità-peccato-paura-angoscia” non è neppure qualcosa di ormai “passato”: anche oggi chiediamo al Padre “liberaci dal Male …”!
Dunque, proprio per questo, devo soccorrere in qualche modo la povertà del mio fratello, come io stesso dovrò essere salvato! Ho bisogno di essere salvato!
E forse lui stesso sarà chiamato ad essere strumento della salvezza divina per me! Ed è questo che genera e spiega tutte le indicazioni del nostro brano.
Per questo voglio richiamare la tua attenzione sui vers.5-6: se dò al povero motivo per maledirmi perché distolgo il mio sguardo da lui, “il suo creatore ne esaudirà la preghiera”, questo Creatore tante volte si è chinato e si china sulle mie spaventose povertà!
Anch’io dunque devo essere umile debitore, dice il ver.7, nei confronti della mia comunità-famiglia-chiesa … e devo “abbassare il capo”, cioè essere umile, nei confronti del “grande” che la guida!
Tutto questo addirittura mi porta ad essere impegnato per strappare “l’oppresso dal potere dell’oppressore” e a non essere “meschino”, cioè banale e superficiale, quando bisogna esprimere un giudizio sulle ingiustizie! (ver.9).
Per questo, sono chiamato ad essere “come un padre per gli orfani, come un marito per la loro madre”! (ver.10). Dunque devo essere quello che, per grazia di Dio, sono: “un figlio dell’Altissimo”!
E allora – ascoltiamo con attenzione questa meraviglia! – Lui, l’Altissimo, “ti amerà – e mi amerà – più di tua madre! E di mia madre.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Leggendo questi versetti, ho pensato a un particolare dei Vangeli: quando chiedono a Gesù cosa fare per avere la vita eterna, Egli risponde di seguire i comandamenti e cita solo quelli che riguardano la relazione con gli altri: Onora il padre e la madre, non rubare, non dare falsa testimonianza nei processi, non uccidere… Anche nel brano odierno si chiede l’attenzione, la cura per il bisognoso, per il povero, il farsi carico dell’orfano e della vedova (compito “divino”, secondo le Scritture), l’impegno in difesa degli oppressi, le relazioni d’amore nella comunità… E Dio compare solo nell’ultimo versetto ma con parole straordinarie: Egli ci ama – e ci amerà, aggiunge Giovanni – più di nostra madre!
Sono i consigli/comandi (le forme verbali sono all’infinito con l’avverbio “non” davanti che è la costruzione per fare l’imperativo negativo) che il padre da al figlio (4,1) e mi pare che “farsi amare dalla comunità” rientri tra questi consigli, considerando il contesto del popolo eletto. Infatti l’inclusione o l’esclusione dalla comunità era un dato importante, qualsiasi fosse il motivo per cui ciò avveniva. Il greco ha il termine sinagoga, al posto di “comunità” e lo trovo interessante, visto che si rivolge al figlio maschio. Particolare non indifferente, a mio avviso, perché l’uomo è colui che garantisce protezione all’interno della famiglia, quindi è lui che deve porsi come baluardo davanti al povero, al bisognoso, all’affamato, all’uomo in difficoltà ed a tutte le “categorie” indicate nei versetti precedenti, ma sopratutto all’orfano e alla vedova, categorie nelle quali si sostanziano tutte le altre esplicitamente indicate nell’ultimo versetto della pericope e categorie fondamentali all’interno del popolo di Dio, su cui Egli riversa la Sua misericordia, basti pensare ai salmi, alla vedova di Zarepta di Sidone e via discorrendo. Orfano e vedova, infatti sono privi di protezione davanti al sopruso di chicchessia, mancando della protezione di un uomo e così Dio stesso si pone come loro difesa o direttamente o attraverso altri.
Mi pare che fare tutto quel che il padre consiglia, nella protezione dei deboli, dei poveri, dei bisognosi all’interno del popolo sia poi il modo concreto di farsi amare dalla comunità. Il versetto 7 poi è posto nel mezzo come discrimine Tra i comandi negativi e quelli positivi. Fino la versetto 6 sono in forma negativa, poi, dopo il 7 c’è la forma positiva.
Mi piace anche che al termine dei comandi “negativi” si parli dell’essere amato dalla comunità, dalla sinagoga, ma al termine dei comandi positivi si parla dell’essere amati dall’Altissimo. Mi sembra bellissimo.