19 Quale stirpe è degna d’onore? La stirpe dell’uomo. Quale stirpe è degna d’onore? Quelli che temono il Signore. Quale stirpe non è degna d’onore? La stirpe dell’uomo. Quale stirpe non è degna d’onore? Quelli che trasgrediscono i comandamenti. 20 Tra i fratelli viene onorato chi li comanda, ma agli occhi del Signore quelli che lo temono. 21 Principio di gradimento è il timore del Signore, principio di rifiuto l’ostinazione e la superbia. 22 Il ricco, il nobile, il povero: loro vanto è il timore del Signore. 23 Non è giusto disprezzare un povero che ha senno e non conviene onorare un uomo peccatore. 24 Il principe, il giudice e il potente sono onorati, ma nessuno di loro è più grande di chi teme il Signore. 25 Uomini liberi serviranno uno schiavo sapiente e chi ha senno non protesterà. 26 Non fare il saccente nel compiere il tuo lavoro e non gloriarti nel momento del tuo bisogno. 27 Meglio uno che lavora e abbonda di tutto di chi va in giro a vantarsi e manca di cibo. 28 Figlio, con modestia pensa al tuo onore e fatti valere secondo il tuo merito. 29 Chi giustificherà uno che fa male a se stesso e chi onorerà colui che si disonora? 30 Un povero viene onorato per la sua scienza e un ricco viene onorato per la sua ricchezza. 31 Chi è onorato nella povertà, quanto più lo sarà nella ricchezza! E chi è disprezzato nella ricchezza, quanto più lo sarà nella povertà!
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Il brano di oggi è utile per capire che secondo la Scrittura non si possono fare affermazioni assolute, ma che tutto è relativo. Ad esempio, al v. 19 ci sono due affermazioni opposte: “Quale stirpe è degna donore? La stirpe delluomo”. “Quale stirpe non è degna donore? La stirpe delluomo” ed entrambe sono vere! Tutto è relativo al termine fondamentale di riferimento: il timore del Signore; se c’è questo, la stirpe dell’uomo è degna di onore, altrimenti no.
Allo stesso modo, al v. 28 c’è “pensa al tuo onore e fatti valere” (è una brutta traduzione: piuttosto il testo dice “dà onore alla tua anima secondo la sua dignità”); quindi darsi onore è bene o male? Dipende: se è fatto “con modestia” (lett. “in mitezza”), è bene e cura lo scoraggiamento e la depressione.
A questo punto introduco un commento del mio fratello Andres: “Ci sono due insidie di cui tener conto. La prima è la superbia, di cui si è ampiamente parlato nel testo di ieri. L’altra è il farsi male, il disprezzarsi (v.29), il buttarsi troppo giù. Questa non è umiltà. Anche in questo caso vivere insieme, con relazioni ricche di scambi, di sapienza aiuta a vincere la solitudine e la depressione. Buona giornata a tutti voi!”