56 Ma essi lo tentarono,
si ribellarono a Dio, l’Altissimo,
e non osservarono i suoi insegnamenti.
57 Deviarono e tradirono come i loro padri,
fallirono come un arco allentato.
58 Lo provocarono con le loro alture sacre
e con i loro idoli lo resero geloso.
59 Dio udì e s’infiammò,
e respinse duramente Israele.
60 Abbandonò la dimora di Silo,
la tenda che abitava tra gli uomini;
61 ridusse in schiavitù la sua forza,
il suo splendore in potere del nemico.
62 Diede il suo popolo in preda alla spada
e s’infiammò contro la sua eredità.
63 Il fuoco divorò i suoi giovani migliori,
le sue fanciulle non ebbero canti nuziali.
64 I suoi sacerdoti caddero di spada
e le loro vedove non fecero il lamento.
65 Ma poi il Signore si destò come da un sonno,
come un eroe assopito dal vino.
66 Colpì alle spalle i suoi avversari,
inflisse loro una vergogna eterna.
67 Rifiutò la tenda di Giuseppe,
non scelse la tribù di Èfraim,
68 ma scelse la tribù di Giuda,
il monte Sion che egli ama.
69 Costruì il suo tempio alto come il cielo,
e come la terra, fondata per sempre.
70 Egli scelse Davide suo servo
e lo prese dagli ovili delle pecore.
71 Lo allontanò dalle pecore madri
per farne il pastore di Giacobbe, suo popolo,
d’Israele, sua eredità.
72 Fu per loro un pastore dal cuore integro
e li guidò con mano intelligente.
Entrando nell’ultimo tratto di cammino di questo grande Salmo mi sembra importante cogliere con attenzione un dato fondamentale della fede ebraico-cristiana, e cioè che tutta la sua struttura morale è legata alla comunione che Dio ha voluto stabilire con il suo Popolo e attraverso di esso con tutta l’umanità. Tutto il bene nasce da questa comunione d’amore, e tutto il male è l’amaro frutto del “tradimento” di questo vincolo d’amore. Vedo nel nostro testo di oggi accentuato il carattere nuziale del rapporto tra Dio e il suo popolo. Dio è lo Sposo tradito, che incessantemente ha cercato e raccolto la sposa che lo tradisce con gli idoli del suo tradimento: “Lo provocarono con le loro alture sacre e con i loro idoli lo resero geloso”(ver.58). L’esilio di Babilonia viene ricordato come l’esiliarsi stesso di Dio: “Abbandonò la dimora di Silo, la tenda che abitava tra gli uomini; ridusse in schiavitù la sua forza, il suo splendore in potere del nemico”(vers.60-61). La distruzione drammatica del Popolo nelle sue componenti più preziose è immagine della distruzione della comunione nuziale che unisce Dio al suo Popolo: “..i suoi giovani migliori…le sue fanciulle…i suoi sacerdoti..”(vers.63-64).
Ma poi, al ver.65, ecco il risveglio del Signore dall’ebbrezza del vino! L’interpretazione della patristica cristiana ha amato cogliere il carattere pasquale di questo versetto, come il risveglio della risurrezione di Gesù dal sonno della morte provocato dal vino del suo sacrificio d’amore! Negli ultimi versetti si staglia l’opera solitaria di Dio che colpisce i suoi avversari (ver.66), sceglie l’ambito della sua elezione d’amore (ver.68), costruisce Lui stesso il suo tempio superiore ad ogni umana misura (ver.69), sceglie il suo Messia, il pastore del suo popolo. E’ la grande profezia del Signore Gesù, vincitore del male e della morte, proclamato come l’Eletto su cui si pone il compiacimento divino, Pastore buono che conduce l’umanità verso la Casa dell’unico Padre. Solo Lui può condurre a salvezza questa umanità che Dio ama fino alla Croce del Figlio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Dopo il disastro, il Signore reagisce: con immagine forte, si dice che si destò “come da un sonno, come un eroe assopito dal vino”(v.65). Le disavventure precedenti sarebbero dovute quindi non a una sua azione diretta (come si dice alla lettera), ma piuttosto alla sua assenza, al suo mancato intervento. Sconfitti gli avversari del suo popolo, egli rifiutò Giuseppe ed Efraim, cioè le tribù del Regno del nord, e scelse Giuda, “il monte Sion che egli ama”. Costruì il tempio e scelse Davide come pastore. Le parole, le funzioni attribuite a Davide possono essere attribuite a Dio stesso e al suo inviato, Gesù, nuovo e definitivo pastore dei credenti. “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla…”