1 Al maestro del coro. Su «Non distruggere». Salmo. Di Asaf. Canto.
2 Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie:
invocando il tuo nome, raccontiamo le tue meraviglie.
3 Sì, nel tempo da me stabilito
io giudicherò con rettitudine.
4 Tremi pure la terra con i suoi abitanti:
io tengo salde le sue colonne.
5 Dico a chi si vanta: «Non vantatevi!»,
e ai malvagi: «Non alzate la fronte!».
6 Non alzate la fronte contro il cielo,
non parlate con aria insolente.
7 Né dall’oriente né dall’occidente
né dal deserto viene l’esaltazione,
8 perché Dio è giudice:
è lui che abbatte l’uno ed esalta l’altro.
9 Il Signore infatti tiene in mano una coppa,
colma di vino drogato.
Egli ne versa: fino alla feccia lo dovranno sorbire,
ne berranno tutti i malvagi della terra.
10 Ma io ne parlerò per sempre,
canterò inni al Dio di Giacobbe.
11 Piegherò la fronte dei malvagi,
s’innalzerà la fronte dei giusti.
Il ver.2 ci regala tre elementi essenziali della fede e della preghiera di Israele: la lode, l’invocazione e la memoria. Con affermazioni e termini che possono alludere al “magnificat” di Maria di Nazaret in Luca 1, la lode per le opere del Signore introduce la supplica a che Egli intervenga nella realtà odierna per portarvi il suo giudizio. E questo è sostenuto dalla memoria dell’opera divina nella vicenda del popolo e di ognuno dei suoi figli.
Dio promette il suo intervento. La condizione della storia si presenta molto precaria – “tremi pure la terra con i suoi abitanti”(ver.4) – ma Dio dice. “..io tengo salde le sue colonne”. E questo giudizio è espresso nei confronti dei malvagi e degli insolenti citati ai vers.5-6, i quali non riconoscono né Dio né il suo giudizio, e sono forti della loro forza. Ma l’ultimo giudizio non appartiene al mondo, ma solo a Dio. “Né dall’oriente né dall’occidente…perché Dio è il giudice: è Lui che abbatte l’uno ed esalta l’altro” (vers.7-8).
Mi sembra misteriosa e affascinante la persona che parla ai vers.10-11. Al ver.10 si può pensare al semplice credente e in particolare a chi, piccolo e povero, ha sperimentato la salvezza divina e la sua potenza di liberazione. Al ver.11 egli sembra però presentarsi non solo come beneficato dall’azione salvifica di Dio, ma anche come partecipe e protagonista di quella stessa opera: profezia del Cristo del Signore?
Mi pongo una domanda e una considerazione su tutto questo. Dunque, la fede è il dono e l’anticipazione della vita nuova in una storia che appare ancora condizionata e dominata dai poteri violenti e ingiusti del mondo? Il compito del credente e della comunità credente è allora quello di testimoniare e di annunciare con umiltà, fortezza e gioia la presenza del Signore nella vita e nel travaglio della storia? Penso e spero vivamente che sia così. Chiedo come sempre anche il vostro pensiero e il frutto della vostra preghiera.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mentre nel salmo precedente si esprimeva il timore che Dio abbandonasse i suoi, ora si afferma e si descrive il suo intervento. Egli interviene “nel tempo stabilito”, “nell’occasione da me scelta” (così traducono altri). Il suo giudizio non ha confini, riguarda tutta la terra: non è l’Oriente né l’Occidente, non è il Deserto né la Montagna; chi governa è Dio (vv.7-8). La sua azione ha caratteristiche che saranno ben illuminate nel Nuovo Test.: “abbatte l’uno ed esalta l’altro”, depone i potenti ed esalta i piccoli… I poveri salvati dal Signore continueranno a raccontare la sua grandezza: “io ne parlerò per sempre”(v.10). Le parole dell’ultimo versetto sono attribuite da alcuni traduttori a Dio stesso: “Piegherò la fronte dei malvagi, s’innalzerà la fronte dei giusti”. Potrebbe essere l’opera del Cristo, come suggerisce don Giovanni.