10 O Dio, tu ci hai messi alla prova;
ci hai purificati come si purifica l’argento.
11 Ci hai fatto cadere in un agguato,
hai stretto i nostri fianchi in una morsa.
12 Hai fatto cavalcare uomini sopra le nostre teste;
siamo passati per il fuoco e per l’acqua,
poi ci hai fatto uscire verso l’abbondanza.
13 Entrerò nella tua casa con olocausti,
a te scioglierò i miei voti,
14 pronunciati dalle mie labbra,
promessi dalla mia bocca
nel momento dell’angoscia.
15 Ti offrirò grassi animali in olocausto
con il fumo odoroso di arieti,
ti immolerò tori e capri.
16 Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
17 A lui gridai con la mia bocca,
lo esaltai con la mia lingua.
18 Se nel mio cuore avessi cercato il male,
il Signore non mi avrebbe ascoltato.
19 Ma Dio ha ascoltato,
si è fatto attento alla voce della mia preghiera.
20 Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.

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Ogni incontro con il “male”, con la prova e con l’oppressione, ha la sua ragione ultima e la sua spiegazione nel rapporto con Dio. Se dunque il popolo di Dio conosce la sua fragilità e la violenza del “nemico”, il suo più profondo e diretto interlocutore è Dio stesso, quel “Tu” della sua preghiera che nella seconda parte del nostro Salmo prende il posto del soggetto “Dio” che abbiamo incontrato nei versetti precedenti.
E’ Dio, dunque, che “mette alla prova” e “purifica” il suo popolo! E’ Lui che “fa cadere in un agguato” e che “stringe i nostri fianchi in una morsa”. E’ Lui che “fa cavalcare uomini sulle nostre teste, ci fa passare per il fuoco e l’acqua”: così i vers.10-12. Ma “poi ci hai fatto uscire verso l’abbondanza”. Il cammino è alla fine sempre dalla morte alla vita, dalla prova alla consolazione. I vers.13-15 dicono della preghiera di ringraziamento e di lode a Dio per la prova superata. Bisogna sciogliere i voti pronunciati e promessi “nel momento dell’angoscia”(ver.14). Così, ogni evento della storia ha la sua interpretazione profonda nella relazione con Dio! Tutta la storia è la grande vicenda della comunione d’amore che Dio ha stabilito con il suo popolo!
Questa “storia della salvezza” diventa l’oggetto dell’annuncio e della testimonianza che Israele vuole comunicare a tutti coloro “che temono Dio”. Questa espressione che compare al ver.16 può forse essere quindi interpretata secondo il “linguaggio tecnico” della fede di Israele, per la quale i “tementi Dio”, “coloro che temono Dio”, sono i non ebrei, i pagani, i gentili, che aderiscono alla fede di Israele e alle sue norme, e che per questo vengono in certo modo “assimilati” al Popolo del Signore. Si trova quindi che, accanto alla Casa di Israele, alla Casa di Aronne, ci sono anche i “timorati di Dio” che appunto appartengono in qualche modo al Popolo. Potete trovare un buon esempio di ciò in molti luoghi, tra i quali, per esempio, il Salmo 113B(115),9-14.
Ai vers.18-19 il credente rivendica per sé la rettitudine del suo cuore e delle sue intenzioni. Per questo “Dio ha ascoltato e si è fatto attento alla voce della mia preghiera”. E per questo “Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia”(ver.20).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Com’è importante la traduzione! Ieri il versetto 9 (“è lui che ci mantiene tra i viventi”) era reso da un altro traduttore: “Egli vivifica il nostro respiro”. Mi era sembrato bello questo dato di fatto: che il Signore ci comunica vita, e il respiro è proprio simbolo e strumento della vita che è in noi, quel soffio vitale delle origini. Chi pratica yoga sa che importanza venga attribuita alla pratica della respirazione osservata, silenziosa, prolungata. – Nei versetti odierni, colpisce il contrasto tra “ci hai messo alla prova” e – poco dopo – “ci hai fatto uscire…”(vv.10-12): dalla prova al benessere, all'”abbondanza”. Originale – secondo Schòkel – la combinazione finale di supplica e misericordia: “Sia benedetto Dio,/ che non ha respinto la mia preghiera,/ non mi ha negato la sua misericordia”(v.20).
Anzitutto, mi preme sottolineare il senso sumero di Sal-mu, ‘utero-nome che nomina tutti i nomi’. Poi, mi piace la composizione dei due pezzi (1-12, 13-20). La lode a Dio del popolo e la lode a Dio della persona. Venite e vedete voi tutti che temete Iddio, venite nel circolo di lode, non ha respinto la mia implorazione, e non respingerà le nostre.