1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Di Davide.
2 Ascolta, o Dio, il mio grido,
sii attento alla mia preghiera.
3 Sull’orlo dell’abisso io t’invoco,
mentre sento che il cuore mi manca:
guidami tu sulla rupe per me troppo alta.
4 Per me sei diventato un rifugio,
una torre fortificata davanti al nemico.
5 Vorrei abitare nella tua tenda per sempre,
vorrei rifugiarmi all’ombra delle tue ali.
6 Tu, o Dio, hai accolto i miei voti,
mi hai dato l’eredità di chi teme il tuo nome.
7 Ai giorni del re aggiungi altri giorni,
per molte generazioni siano i suoi anni!
8 Regni per sempre sotto gli occhi di Dio;
comanda che amore e fedeltà lo custodiscano.
9 Così canterò inni al tuo nome per sempre,
adempiendo i miei voti giorno per giorno.
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Questo Salmo esprime con molta efficacia l’orizzonte e il dono della preghiera. Possiamo distinguerne tre parti. Una prima, i vers.2-5, dice “da dove”, in quale condizione di vita, da quale lontananza e debolezza noi preghiamo. La seconda, il ver.6, ricorda e confessa il dono del Signore, e la terza, i vers.7-9 cantano la speranza e la pace che della preghiera sono il frutto.
Amo molto l’espressione “dai confini della terra io t’invoco” che la nuova versione rende, al ver.3, con l’espressione “sull’orlo dell’abisso io t’invoco”: dice la condizione di esilio e di fatica della nostra storia. Da questo esilio e da questa precarietà chiediamo al Signore: “Ascolta il mio grido, sii attento alla mia preghiera”. “Sento che il cuore mi manca”(ver.3), e la rupe, Dio stesso, è “per me troppo alta”. La preghiera è sempre necessariamente connessa con la povertà. Ma la grande precarietà dalla quale preghiamo, è sostenuta da quello che Dio ci ha rivelato, da quella “tenda” che Dio ha piantato in mezzo a noi per condividere la nostra stessa storia. La preghiera è la scoperta che Egli è con noi. Quindi preghiamo: “Vorrei abitare, nella tua tenda per sempre, vorrei rifugiarmi all’ombra delle tue ali”(ver.5). Assenza-presenza, lontananza-vicinanza: questa è la grazia della preghiera!
Questo è possibile, e avviene, perché Dio ci ha regalato la sua rivelazione, la sua Parola! Il “ponte” tra Lui e noi è stato lanciato e posto. Ecco allora il ver.6, al cuore del Salmo: “Tu, o Dio, hai accolto i miei voti”. Interpreterei questa affermazione non tanto pensando a impegni che mi sono assunto verso di Lui, quanto all’attenzione a all’accoglienza divina verso il mio desiderio di incontro e di comunione con Lui. Egli ha risposto con il dono del “timore di Dio” – “mi hai dato l’eredità di chi teme il tuo nome” – “timore” che non è paura, ma esperienza e consapevolezza della presenza di Dio stesso nella mia povera storia.
Tutto questo è legato alla Persona di questo “re”, che è figura e profezia del Messia del Signore, del Cristo di Dio. E’ la sua presenza regale nella mia vita che mi consente di “cantare inni al tuo nome sempre”, perché è solo “in” Gesù che posso cercare e trovare Dio come mio Padre, e posso vivere “adempiendo i miei voti giorno per giorno”, cioè celebrando in tutti gli atti e gli eventi della mia umile esistenza la mia condizione di figlio di Dio. Così i vers.7-9.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ci affascina sempre quella condizione che qui è indicata al v.5: “Vorrei abitare nella tua tenda…”. Come doveva essere bello per un nomade immaginare di pervenire alla tenda di Dio ed esservi accolto…! Ma, se credessimo davvero, noi siamo ben oltre, poiché la nostra comunità e anche ogni singolo credente sono già ora la dimora in cui Egli abita. – I commenti vedono nel salmo alcune contrapposizioni; ne riprendo una: per il re si augurano anni, l’auspicio che si aggiungano giorni ad altri giorni; per sè, invece, l’orante prospetta più modestamente un procedere semplice e regolare “giorno per giorno”(v.9). Ho pensato, a questo punto, a tutti noi che – giorno dopo giorno – abbarbicati al salmo o a un altro brano della Parola, cerchiamo di andare avanti “cantando inni al suo nome” e “adempiendo i nostri voti”.