1 Salmo. Di Davide. Signore, a te grido, accorri in mio aiuto; porgi l’orecchio alla mia voce quando t’invoco. 2 La mia preghiera stia davanti a te come incenso, le mie mani alzate come sacrificio della sera. 3 Poni, Signore, una guardia alla mia bocca, sorveglia la porta delle mie labbra. 4 Non piegare il mio cuore al male, a compiere azioni criminose con i malfattori: che io non gusti i loro cibi deliziosi. 5 Mi percuota il giusto e il fedele mi corregga, l’olio del malvagio non profumi la mia testa, tra le loro malvagità continui la mia preghiera. 6 Siano scaraventati sulle rocce i loro capi e sentano quanto sono dolci le mie parole: 7 «Come si lavora e si dissoda la terra, le loro ossa siano disperse alla bocca degli inferi». 8 A te, Signore Dio, sono rivolti i miei occhi; in te mi rifugio, non lasciarmi indifeso. 9 Proteggimi dal laccio che mi tendono, dalle trappole dei malfattori. 10 I malvagi cadano insieme nelle loro reti, mentre io, incolume, passerò oltre.
Salmo 141 (140)

E’ una preghiera che esalta il rapporto profondo e diretto con il Signore! In questo modo si precisa la storia della salvezza come determinata da tre “protagonisti”: la creatura umana, Dio che la ama, e il nemico. L’uomo non può che totalmente fidarsi e affidarsi a Dio che lo ama e lo salva. Ogni gesto dell’uomo verso Dio esprime questo affidamento totale. E’ il suo grido verso Dio (ver.1).
Tale è il significato profondo di ogni “liturgia”: incenso e sacrificio della sera altro non sono che segni di una preghiera a “mani alzate” verso Colui che solo può salvare (ver.2).
L’uomo conosce se stesso, e questo non può che consegnarlo totalmente all’amore protettore di Dio: dalla “bocca” (ver.3) al “cuore” (ver.4), l’uomo si consegna e si affida completamente a Dio.
Anche i fratelli tra i quali viviamo sono segno e potenza di salvezza per me; sono “il giusto e il fedele” che mi percuote e mi corregge, affinché la mia preghiera possa continuare anche se esposta all’aggressione del nemico. Solo così tale nemico sarà vinto e disperso.
Sembra di poter concludere che l’intera vita del credente è raccolta, interpretata e sorretta dalla sua relazione con il Signore. Egli vive “rifugiato” nel Signore e nella sua protezione.
L’ultimo versetto, il ver.10, pone un interrogativo, perché le reti nelle quali cadono i malvagi sembrano essere non le loro reti, ma quelle, forse, di Dio stesso. In ogni modo, chi si è rifugiato nel Signore, non ne resterà impigliato, ma passerà oltre, incolume. La vita è proprio una grande avventura, una appassionante vicenda dove la nostra fragilità scopre ogni giorno come il Signore ci voglia bene e ci salvi da ciò che, senza il suo potente amore per noi, ci vincerebbe e ci sommergerebbe. Consentitemi una conclusione: il cristiano non è un ottimista, ma un realista. E il suo realismo è speranza!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Signore, a te grido, accorri in mio aiuto”: non è una preghiera interiore, silenziosa; il salmista grida al Signore, chiama forte perché Egli accorra immediatamente. Doveva essere in una situazione di forte angoscia. Mi viene in mente il “giovane ricco” del Vangelo che corre verso Gesù per chiedergli della vita eterna. Era considerato disdicevole in quella società correre in pubblico. La corsa denota quindi lo stato di ansia, di angoscia di quel giovane. E per noi è lo stesso: nonostante la condizione di privilegio in cui viviamo, siamo afflitti da ansia, angoscia, depressione, apatia… Cosa ci suggerisce il salmo? “Signore, ti invoco, ascoltami quando mi rivolgo a te… La mia preghiera salga a te come incenso e come offerta della sera. Che io dica solo parole giuste e ci sia separazione totale tra me e il male. Tu conosci bene la fragilità umana; so che non mi abbandoni quando rivolgo a te i miei occhi… Grazie a te supererò le difficoltà; passerò oltre, sarò liberato…”