Iod. 73 Le tue mani mi hanno fatto e plasmato:
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74 Quelli che ti temono al vedermi avranno gioia,
perché spero nella tua parola.
75 Signore, io so che i tuoi giudizi sono giusti
e con ragione mi hai umiliato.
76 Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
77 Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.
78 Si vergognino gli orgogliosi che mi opprimono con menzogne:
io mediterò i tuoi precetti.
79 Si volgano a me quelli che ti temono
e che conoscono i tuoi insegnamenti.
80 Sia integro il mio cuore nei tuoi decreti,
perché non debba vergognarmi.
Caf. 81 Mi consumo nell’attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82 Si consumano i miei occhi per la tua promessa,
dicendo: «Quando mi darai conforto?».
83 Io sono come un otre esposto al fumo,
non dimentico i tuoi decreti.
84 Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando terrai il giudizio contro i miei persecutori?
85 Mi hanno scavato fosse gli orgogliosi,
che non seguono la tua legge.
86 Fedeli sono tutti i tuoi comandi.
A torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto!
87 Per poco non mi hanno fatto sparire dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88 Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò l’insegnamento della tua bocca.
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E’ bellissima, al ver.73, questa “restituzione” della vita personale all’atto creativo di Dio: siamo veramente suoi, e dunque non solo l’inizio della vita, ma tutto il suo corso, è nelle mani del Signore. A lui domandiamo quindi: “Fammi capire e imparerò i tuoi comandi”. Ed ecco, di seguito, la grande “avventura” della vita del credente, che Dio vuole trarre a Sé con vincoli profondi. Ed è per questo che il seguito del nostro testo descrive la vita di ciascuno e di tutti secondo uno svolgimento inconsueto e problematico. Perché? In questa domanda ci sono tutti gli interrogativi e le problematicità che arrivano a portare fino al dubbio su questa presenza di Dio nella nostra vita. Ma qui tutto viene raccolto e illuminato. Proviamo a percorrere rapidamente il testo.
Ver.74: la gioia dei credenti (sono quelli che “temono il Signore”) al vedere che “io spero nella tua Parola”. Sperare non è un possesso. Sperare è attesa di un dono. Ver.75: “Con ragione mi hai umiliato”. Non è facile capire perché è positiva questa esperienza di minorità. Non sarebbe meglio che tutto andasse diritto? Ver.76: “Il tuo amore sia la mia consolazione”: dunque non sono bastante a me stesso, ma ho bisogno di essere amato e consolato! Ver.77: “Venga a me la tua misericordia e io avrò vita, perché la tua legge è la mia delizia”!! Dunque ho bisogno anche di misericordia, e in tale situazione la legge è deliziosa! Ver.80: che io “non debba vergognarmi”! … Ma ormai tutto mi è chiaro! Da solo non ce la faccio. Questa vita creata da Dio non può fare a meno di Lui! Vive di Lui! Per questo Egli stesso consente e dispone che io sperimenti tutto il mio bisogno di essere salvato!
Ma qui si pone un interrogativo decisivo per l’interpretazione della vita: E’ meglio saper fare da soli, o è meglio aver bisogno? Se non avessi bisogno, non conoscerei e non vorrei l’aiuto dell’Altro. Non conoscerei la potenza dell’amore dell’Altro. Non ci sarebbe senso né spazio per l’Amore verso l’Altro che mi ama e mi salva. Non ci sarebbe bisogno, e neppure spazio, per l’Amore. Come vedete non ho espressamente nominato “Dio”, perché sempre, o per lo meno quasi sempre, Dio si annuncia e si manifesta attraverso un “Altro”, un suo Angelo, tua madre, la tua donna, il tuo sposo, chi ha avuto compassione di te, chi ti consola e ti rallegra con la sua presenza. Chi ti dà da mangiare e da bere. Chi ti riveste. Dio è tutto questo ed è il principio di tutto questo. Dio è Amore. Non si può dare una realtà che non abbia tale sete d’amore!
Tutto questo porta all’interpretazione del tempo come “attesa”. Addirittura, ai vers.81-82, come consumazione nell’attesa! Come resistenza anche nel disagio – “come un otre esposto al fumo” (ver.83) – sostenuta con il non dimenticare i decreti del Signore. L’esistenza del credente proprio per questo conosce la tribolazione da parte di persecutori orgogliosi (vers.84-85) che non necessariamente sono persone, ma sono più spesso “nemici” interiori, di pensiero e di ogni aggressività, che tendono a riproporre l’ipotesi che sia meglio fare ed essere da soli: “Per poco non mi hanno fatto sparire dalla terra, ma io non ho abbandonato i tuoi precetti”. E quindi, conclude oggi il Salmista: “Secondo il tuo amore fammi vivere”!! Questa è la meraviglia di una Chiesa povera, come ci insegna Papa Francesco. Una Chiesa fatta di persone che vivono nel Signore, e vivono di Lui.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il Signore è il nostro creatore e il salmista lo dice con parole concrete, efficaci: “Le tue mani mi hanno fatto e plasmato”. Dunque, siamo suoi e a lui apparteniamo, come si afferma altrove. Poi il salmista fa appello alle qualità o caratteristiche fondamentali del suo (e nostro) Dio: l’amore, la misericordia, la compassione, la tenerezza (nella Bibbia di Ger.), l’essere datore di vita…: “Il tuo amore sia la mia consolazione…”, “Venga a me la tua misericordia e io avrò vita…”, “Secondo il tuo amore fammi vivere…” – A questo punto, anche se Gli chiediamo, perché ci viene spontaneo: “Quanti anni restano al tuo servo?”(v.84), sappiamo che, in Gesù, ci ha già fatto dono di una vita capace di superare anche la morte. – Nella tua bontà, vivificaci, Signore…