33 Cambiò i fiumi in deserto,
in luoghi aridi le fonti d’acqua
34 e la terra fertile in palude,
per la malvagità dei suoi abitanti.
35 Poi cambiò il deserto in distese d’acqua
e la terra arida in sorgenti d’acqua.
36 Là fece abitare gli affamati,
ed essi fondarono una città in cui abitare.
37 Seminarono campi e piantarono vigne,
che produssero frutti abbondanti.
38 Li benedisse e si moltiplicarono,
e non lasciò diminuire il loro bestiame.
39 Poi diminuirono e furono abbattuti
dall’oppressione, dal male e dal dolore.
40 Colui che getta il disprezzo sui potenti
li fece vagare nel vuoto, senza strade.
41 Ma risollevò il povero dalla miseria
e moltiplicò le sue famiglie come greggi.
42 Vedano i giusti e ne gioiscano,
e ogni malvagio chiuda la bocca.
43 Chi è saggio osservi queste cose
e comprenderà l’amore del Signore.
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Meravigliosa la conclusione del Salmo con questi versetti. Qualcuno dice che è forse un’aggiunta posteriore. In ogni modo sono parole che illuminano il senso profondo di questa bellissima preghiera. Ed esprimono con molta efficacia un dato prezioso dell’antropologia biblica, che è il grande tema della povertà e della piccolezza, tema che ha il suo apice nella “beatitudine” di Matteo 5,3: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”.
In questi ultimi versetti non si descrivono casi particolari della condizione umana e dell’intervento di Dio. Si può forse pensare ad una semplice descrizione della storia umana, con le sue luci e le sue tenebre. E proprio in questo si può cogliere il mistero e la realtà di una “pedagogia” di Dio di cui provo a segnalare qualche passaggio. Possiamo notare in questo brano conclusivo l’assenza di “motivi” che nei versetti precedenti e nell’andamento generale del Salmo hanno quasi sempre “spiegato” il perché di tempi buoni e di tempi difficili. Qui è come volesse dire che in ogni storia sia personale sia collettiva si alternano fasi di luce e fasi di prova. E’ semplice individuare il confronto tra i vers.33-34 e i vers.35-38. E poi, ancora, tra i vers.39-40 e il ver.41. Ma qui sembra emergere la “ragione” profonda di queste alternanze, che sia ogni persona, sia l’intero popolo, devono accettare.
Per questo, mettiamo in evidenza, e sottolineiamo, il confronto tra il “disprezzo” divino sui “potenti” (ver.40), e l’azione divina che “risollevò il povero dalla miseria e moltiplicò le sue famiglie come greggi” (ver.41). Ecco allora emergere l’immagine di una “povertà visitata da Dio” come alternativa radicale ad una pretesa “potenza umana” che Dio disprezza. Questo non ci porta semplicemente verso tesi “pauperiste”, ma esalta il dono di quella “povertà” che tutto riceve come dono, come grazia, e che tutto deve all’amore di Dio e alla comunione che Egli stabilisce con i suoi piccoli e poveri figli. E’ appunto quella beata “povertà in spirito” che noi ben conosciamo nella fanciulla di Nazaret e nel suo “Magnificat”, e che esalta l’evento di salvezza che qualifica e descrive compiutamente l’incontro e la comunione tra Dio e i suoi figli.
Tale mi sembra sia la felice conclusione dei vers.42-43. Così sono infatti i “giusti”, che non sono quelli che sanno fare sempre tutto bene per conto loro, ma sono coloro che si affidano pienamente alla bontà di Dio e al suo amore per loro. I “giusti” sono dei “salvati”. Non c’è giustizia dell’uomo senza Dio. E non c’è condizione umana, anche la più povera e disastrata, che Dio non voglia cercare e salvare. Ecco allora la mirabile conclusione: “Chi è saggio osservi queste cose e comprenderà l’amore del Signore” (ver.43).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni
Permettetemi di tornare sui versetti precedenti, poiché – dopo l’immagine della carovana dispersa nel deserto e quella dei prigionieri in catene – appare un’altra immagine affascinante: ora siamo dei naviganti che affrontano il mare. Ci gustiamo le bellezza delle acque contemplando “le opere di Dio e le sue meraviglie”; ma ecco improvvisamente, all’orizzonte, nubi tempestose e gli elementi della natura si scatenano. Che paura, tra queste onde gigantesche che ci fanno “salire al cielo e scendere nell’abisso”… E’ proprio una bella immagine della nostra esistenza: ne godiamo i beni preziosi, ma poi ci ritroviamo come “nave senza nocchiero in gran tempesta”. Ma a questo punto sperimentiamo il prodigio: Dio stesso viene a fare da timoniere alla barca e ci conduce con sicurezza nel porto (v.30). “Chi è intelligente tenga in serbo questi fatti e mediti la misericordia del Signore”(altra traduzione del v.43).