1 Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
2 ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.
3 È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.
4 Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
5 perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio
né i peccatori nell’assemblea dei giusti,
6 poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.
PRIMA PARTE
Preferisco entrare il più possibile “ingenuamente” nel mondo infinito del Salterio, per non rischiare di arrendermi prima ancora di cominciare il viaggio. Non avete idea di come avrei io il desiderio e il bisogno di ricevere da voi qualche parola. Ma proprio per questo non cercherò di nascondere il mio limite e la mia povertà, nella speranza che abbiate compassione di me e mi soccorriate ogni giorno. Rinuncio quindi ad ogni accenno di introduzione generale, che già sarebbe da scriverci un libro, e se mai qualche considerazione generale la lascerò da annotare lungo il cammino di ogni giorno. Oggi mi limito a sottolineare un fatto molto importante. Chi è l’uomo che “nella legge del Signore trova la sua gioia e la sua legge medita giorno e notte”? E’ Israele stesso nella grande tradizione ebraica. Sono i “giusti” di Israele. Nell’orizzonte cristiano il vero supremo protagonista di questa incessante gioiosa meditazione è Gesù. Sarà quindi per noi essenziale entrare in ogni Salmo attraverso l’ebreo Gesù, il Figlio dell’uomo, il Figlio di Dio. Lui stesso ci prende per mano e ci conduce nella preghiera e solo Lui potrà illuminarla anche nei suoi tratti più delicati e per noi più difficili. Ricordiamoci di accogliere subito anche l’essenziale elemento della “pazienza del tempo”: quello che oggi fosse oscuro, difficile e distante si illuminerà nel tempo e nella nostra quotidiana fedeltà alla preghiera di queste parole e con queste parole.
I salmi 1-2 sono in genere considerati un’introduzione generale al Salterio. E in particolare il Salmo 1 viene visto come un “titolo” di tutto il Libro. Notate che questi due primi salmi (come molti altri, del resto) non hanno quel “titolo” che in altri salmi compare scritto in caratteri diversi, ma già compreso nella “numerazione” dei versetti del salmo stesso. Accogliamo quindi la Parola di oggi come un grande avvio di tutta la nostra Lectio di questi 41 Salmi.
SECONDA PARTE
Il contrasto descritto dai vers.1-2 è molto profondo. Non si tratta di due strade, o di due assemblee, o di due libri. La prima immagine è quella di un’assemblea di malvagi, di peccatori e di arroganti, nella quale non bisogna nè entrare, nè restare, nè sedere. L’immagine offerta dal ver.2 non è un’assemblea di gente per bene, ma molto di più! E’ la Legge del Signore nella quale troviamo la nostra gioia e che meditiamo giorno e notte. Siccome si parla di Legge, S.Agostino si domanda se in Gesù la Legge non sia stata ormai bandita. E risponde che questo “giusto” in realtà non è “sotto la legge”, ma “nella legge”: non ne è prigioniero, ma l’accoglie come dono di liberazione e di bellezza della sua vita.
Giorno e notte vuole dire “sempre”, commenta S.Agostino, oppure può indicare il tempo favorevole rappresentato dal “giorno”, o la prova della ” notte”. In ogni modo, è un dono in ogni situazione e in ogni tempo. Questo viene confermato e illuminato dall’immagine del ver.3, quella dell’albero”piantato lungo corsi d’acqua”, che descrive efficacemente il “giorno e notte” del ver.2. E’ tale la potenza di questa situazione che non deve neppure aspettare il risultato e l’esito. Viene tranquillamente affermato che l’albero darà frutto a suo tempo e le sue foglie non appassiranno, proprio come sarà per la persona e la vita di chi sta immerso nella Parola di Dio.
I vers.4-6 ci dicono che la realtà umana è inevitabilmente fragile. L’esito negativo non sembra quindi dipendere tanto da errori o peccati, quanto dall’essersi privati del dono della Parola. Allo stesso modo i “giusti” del ver.5 non appaiono tali perchè hanno fatto grandi cose, e neppure viene detto che hanno rigorosamente adempiuto ad ogni precetto, ma semplicemente ci sono vissuti dentro. Dico questo perchè mi sembra bene evitare di precipitare subito su un piano etico. Il giusto è colui che fa di questa parola il suo irrinunciabile e costante nutrimento. Che tale sarà anche quando – quasi sempre! – percepirà la sua distanza enorme da quello che la Parola di Dio annuncia e porge all’uomo e alla sua vita. Si può quindi ritornare a quel “tutto quello che fa riesce bene” del ver.3 per cogliervi il grande bene che accompagna il dono divino della Parola.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi unisco alle vostre riflessioni con un detto giudaico che a me piace molto: “Gira e rigira la parola di Dio perché in essa vi è tutto. Contemplala, invecchia e consumati in essa. Da essa non ti allontanare perché non vi è per te sorte migliore”.Ma come contemplarla ed invecchiare in essa senza che diventi “sterile” in noi e puro insegnamento etico? Noi non possiamo ma Colui che ci è stato inviato ed abita in noi può operare. Vi riporto alcuni passi dal CCC: <<702 Dalle origini fino alla « pienezza del tempo »,49 la missione congiunta del Verbo e dello Spirito del Padre rimane nascosta, ma è all'opera. Lo Spirito di Dio va preparando il tempo del Messia, e l'uno e l'altro, pur non essendo ancora pienamente rivelati, vi sono già promessi, affinché siano attesi e accolti al momento della loro manifestazione. Per questo, quando la Chiesa legge l'Antico Testamento,50 vi cerca51 ciò che lo Spirito, « che ha parlato per mezzo dei profeti »,52 vuole dirci di Cristo>>. Dunque Parola e Spirito: le due dita di Dio, in una missione congiunta seppur non ancora rivelata che opererà fino alla pienezza dei tempi. L’ Una manifestazione dell’ Altro in un’opera, del Padre, che li vede uniti. Concludo riportando alcuni versetti ancora: <<687 « I segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio » (1 Cor 2,11). Ora, il suo Spirito, che lo rivela, ci fa conoscere Cristo, suo Verbo, sua Parola vivente, ma non manifesta se stesso. Colui che « ha parlato per mezzo dei profeti »5 ci fa udire la parola del Padre. Lui, però, non lo sentiamo. Non lo conosciamo che nel movimento in cui ci rivela il Verbo e ci dispone ad accoglierlo nella fede. Lo Spirito di verità che ci svela Cristo non parla da sé.6 Un tale annientamento, propriamente divino, spiega il motivo per cui « il mondo non può ricevere » lo Spirito, « perché non lo vede e non lo conosce » (Gv 14,17), mentre coloro che credono in Cristo lo conoscono perché dimora presso di loro. 688 La Chiesa, comunione vivente nella fede degli Apostoli che essa trasmette, è il luogo della nostra conoscenza dello Spirito Santo: — nelle Scritture, che egli ha ispirato; — nella Tradizione, di cui i Padri della Chiesa sono i testimoni sempre attuali; — nel Magistero della Chiesa, che egli assiste; — nella liturgia sacramentale, attraverso le sue parole e i suoi simboli, in cui lo Spirito Santo ci mette in comunione con Cristo; — nella preghiera, nella quale intercede per noi; — nei carismi e nei ministeri per mezzo dei quali si edifica la Chiesa; — nei segni di vita apostolica e missionaria; — nella testimonianza dei santi, in cui egli manifesta la sua santità e continua l’opera della salvezza>>.
<>. Buon Anno e Buon Cammino.
“BEATO l’uomo…”: che bello che il libro dei salmi cominci con questa parola: è l’augurio e la garanzia della beatitudine, cioè della felicità! L’idea di Dio è spesso associata in noi con pensieri di sacrificio, di limitazioni, pesi e mortificazioni (abbiamo inventato anche i “fioretti”, la privazione volontaria di una cosa buona…, quasi che a Lui possa far piacere); per non parlare poi dei sensi di colpa, rimorsi e scrupoli, che nemmeno la confessione riesce a eliminare. E invece Dio ci vuole felici, realizzati: “Come albero piantato lungo corsi d’acqua… Tutto quello che intraprende riesce bene…”. Dalla bocca di Gesù conosceremo poi il vertice delle beatitudini, con un insegnamento decisivo: la felicità non ci viene da quello che gli altri fanno per noi, ma da quello che noi facciamo per gli altri.
Mi è sembrato bello che il salterio apra con ‘Beato l’uomo..’ come se qualcuno potesse non esserlo,e chiuda all’ultimo versetto del salmo 150 con ‘ogni vivente dia lode al Signore’.
Mi ha dato un pò l’idea che il movimento da pula dispersa ad albero piantato sia una promessa ed una speranza di salvezza per tutti gli uomini, in Gesù.
Dall’inutilità di una vita che non serve a nulla, in balia del proprio peccato,alla preziosità dei frutti che vengono da un albero innaffiato con l’acqua viva del Signore.
Non è difficile notare questi frutti preziosi, per esempio, in tante persone che ogni lunedì mattina, o comunque periodicamente, riascoltano questo salmo.
Come forse non è difficile osservare il poco che siamo, così ben descritto dalla pula che viene dispersa dal vento.
Oggi avverto anche molta gratitudine per il corso d’acqua della lettura continua che fedelmente, nonostante noi,si accosta alla nostra vita..
Come mai il commento è stato cancellato? Tutto è Parola di Dio e va accolto come tale.
Grazie
Gentile signor “Anonimo” (perchè non si firma?) la cancellazione è stata dovuto ad un filtro antispam un po’ severo. Rimetto il suo commento in linea. Alla prossima. Andrea
Il v.1 mi pare dica che l’uomo non vive in un paradiso. Sentiamo i consigli degli malvagi, incrociamo la via dei peccatori, siamo attirati dalla compagnia degli arroganti (gli appestati secondo la vulg!).
Tutto questo in un certo senso… lo incrociamo lungo il cammino che facciamo ogni giorno!
“Beatitudini (sempre al plur. in ebraico!) dell’uomo che.. non ascolta, non sta, non indugia, non siede…” La gioia piena, sovrabbondante la riceviamo nel buttare tutto il nostro desiderio, la nostra volontà, il nostro piacere “nella legge del Signore”, meditandola giorno e notte!
Questo sì è un ascoltare, uno stare, un indugiare, un sedersi che dà frutti, dà vita, non appassisce mai.
Che bello sperar di diventare alberi centenari, dal fusto massiccio, ben piantato, pieni di foglie, perchè cresciuti vicino ad un fiume ricco di acqua.
Grazie, Andrea..ho scritto ciò che mi suggeriva il cuore e non ho ritenuto opportuno frimarmi. se dovessi diventare un assiduo “postatore” (mi conceda il termine) le prometto che mi firmerò. Mi unisco alla speranza di cui lei parla <>.
Carlo
In questi giorni abbiamo iniziato, a Mattutino, anche la lettura del libro della Genesi.
Mi è sembrato molto bello leggere il v. 3 del Salmo che ci è donato oggi, alla luce del terzo giorno della creazione. Ci sono assonanze molto belle: il tema dell’acqua (là separata dall’asciutto) e soprattutto l’immagine così ricca dell’ALBERO che fa FRUTTO.
Immagini pasquali che descrivono l’opera di Dio nel TERZO GIORNO, appunto.
Ho anche visto che l’espressione, piuttosto rara, usata qui per indicare i ‘corsi d’acqua’ è usata (proprio identica e sia nel testo ebraico sia in quello greco) nel Salmo 118/119 (altra bellissima lode della Legge di Dio).
Ed è usata per indicare le lacrime: ‘Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi perchè non osservano la tua legge’ (Sal 118,136). L’ipotesi della non osservanza della Legge qui diventa dolore e lacrime. Sono le lacrime e il dolore del salmista, di questo giusto, amante della Legge che a me ha fatto pensare a Gesù e al suo pianto per Gerusalemme e per noi.