18 Vedendo che era davvero decisa ad andare con lei, Noemi non insistette più. 19 Esse continuarono il viaggio, finché giunsero a Betlemme. Quando giunsero a Betlemme, tutta la città fu in subbuglio per loro, e le donne dicevano: «Ma questa è Noemi!».20 Ella replicava: «Non chiamatemi Noemi, chiamatemi Mara, perché l’Onnipotente mi ha tanto amareggiata! 21 Piena me n’ero andata, ma il Signore mi fa tornare vuota. Perché allora chiamarmi Noemi, se il Signore si è dichiarato contro di me e l’Onnipotente mi ha resa infelice?». 22 Così dunque tornò Noemi con Rut, la moabita, sua nuora, venuta dai campi di Moab. Esse arrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo. 2,1 Noemi aveva un parente da parte del marito, un uomo altolocato della famiglia di Elimèlec, che si chiamava Booz. 2 Rut, la moabita, disse a Noemi: «Lasciami andare in campagna a spigolare dietro qualcuno nelle cui grazie riuscirò a entrare». Le rispose: «Va’ pure, figlia mia». 3 Rut andò e si mise a spigolare nella campagna dietro ai mietitori. Per caso si trovò nella parte di campagna appartenente a Booz, che era della famiglia di Elimèlec.
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Gli ultimi versetti del cap.1 ci regalano una nota ulteriore di grande rilievo rispetto a quello che abbiamo già ascoltato, e cioè il tema della povertà. L’arrivo a Betlemme è caratterizzato da questo lamento di Noemi che risponde alla gioia con la quale è stata accolta proclamando la sua povertà, in contrasto con un passato positivo, al punto di attribuirsi un nome diverso dal suo che significa “dolcezza”, per assumerne uno che dica quanto il Signore l’abbia amareggiata, quanto la sua vita sia diventata veramente una povera vita. In questo orizzonte mi impressiona al ver.22 l’immagine di Rut, che diventa partecipe silenziosa della stessa povertà: “Così dunque tornò Noemi con Rut, la moabita, sua nuora, venuta dai campi di Moab”. Mi impressiona questo testo perchè sembra peraltro voler alludere al fatto che, proprio perchè è con Rut, la vita di Noemi porta con sè e in sè un pegno e un segno di speranza.
L’ultima affermazione del cap.1 sembra mettere in contrasto, ma anche in relazione, la povertà delle due donne con l’inizio della mietitura dell’orzo. Vi consiglio di guardare quello che Deuteronomio 24 e Levitico 19 ci dicono della disposizione legislativa sulla spigolatura: un capolavoro della tradizione ebraica. Un dato essenziale per la nostra vicenda.
Il ver.1 del cap.2 presenta come all’improvviso, e apparentemente senza legami nè conseguenze, la figura di Booz, che viene descritto come “altolocato”, e che vedremo anch’egli in certo modo “povero”, e anch’egli visitato dal dono del Signore.
Ed ecco la decisione e la richiesta da parte di Rut di poter andare a spigolare: segno evidente e clamoroso di povertà, e principio di un cammino nuovo, guidato da Dio. Però anche a questo proposito, mi piace notare che gli eventi si muovono secondo condizioni e reazioni, in cui Dio non sembra avere una parte diretta. In cui Egli quindi agisce “dentro” la storia delle persone e la loro concreta condizione, come segretamente.
Il caso vuole – ma non è proprio un caso! – che Rut si aggreghi come spigolatrice ad un gruppo di lavoratori che mietono la campagna di Booz. Dunque questa donna straniera, che ha accompagnato la sua suocera vecchia e povera, sembra assumere la fisionomia e il compito di un angelo di salvezza. E lei stessa sarà protagonista di un’avvincente storia d’amore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.