1 Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi.2 Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo. 3 Anche Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me. 4 Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. 5 E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, 6 perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

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Non stanchiamoci di osservare e di contemplare il volto assolutamente nuovo dell’etica cristiana, sia rispetto all’antica economia della Legge, che era pedagogia della preparazione e dell’attesa del Messia, sia soprattutto rispetto all’etica razionale del pensiero classico, che purtroppo resta istintivamente dominante nel giudizio più istintivo e meno evangelico della nostra comunità ecclesiale. Vediamo infatti anche nella Parola che oggi il Signore regala alla nostra preghiera e alla nostra vita come il dono, la grazia ricevuta, sia il principio e la fonte perenne del comportamento cristiano. E vediamo fortemente ribadito che questa fonte è Gesù: “Anche Cristo infatti…” ascoltiamo al ver.3. Egli è non solo l’ispiratore della vita cristiana, ma la sua luce, la sua guida e il suo sostegno, al punto che l’intera vita del cristiano è chiamata ad essere “celebrazione” del mistero, della Persona e dell’opera di Gesù!
Per questo noi veniamo chiamati oggi, al ver.1, “i forti”. Tali noi siamo non per forza nostra, ma perché abbiamo ricevuto il dono di Gesù. Per questo, noi “abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi”, dove questo compiacimento sarebbe autoriferimento e autoreferenzialità delle nostre presunte virtù. Doroteo di Gaza dice che il fariseo della parabola di Luca 18,9-14, non è colpevole in quanto ringrazia per la sua bella, perché questo può essere ancora lode del Signore che ce l’ha regalata, ma è colpevole perché stravolge questo dono nel giudizio del suo fratello. Noi, invece, abbiamo il dovere di portare le infermità del nostro fratello “senza compiacere noi stessi”, perché anche Cristo “non cercò di piacere a se stesso”(ver.3). E qui Paolo introduce nella vita cristiana l’essenziale presenza-potenza della Parola di Dio, dandocene un esempio diretto. Se noi ascoltiamo il Salmo 68(69) alla luce di Gesù, questa Parola ci dona la luce del Signore che ha vissuto in Se stesso l’affermazione del Salmista: “Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me”, per ricordare e per regalare alla nostra umile vita la stessa potenza d’amore di Gesù.
Dunque, ad illuminarci e a guidarci è Gesù nella potenza e nella fecondità di tutte le Scritture, di tutta la Bibbia, che tutta parla di Lui! Oggi in particolare risplende l’insegnamento che la Parola ci dona riguardo a due virtù essenziali della vita cristiana: la “perseveranza”, che sarebbe meglio qualificare come “pazienza”, e cioè come volontà e potenza di “stare sotto”, di “sostenere”, che è l’opposto del giudicare e del condannare; e la consolazione, che è la volontà e la potenza di indicare sempre la prospettiva positiva di ogni esistenza, anche la più ferita. Tutto questo è per lodare insieme, “con un solo animo e una sola voce”(ver.6), il nostro Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni