18 Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, 19 poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. 20 Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa 21 perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata.

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Da qui sino alla fine del cap.1 Paolo descrive la situazione negativa, di peccato, del mondo pagano. Per tutto il cap.2 e oltre descriverà la condizione del popolo ebraico. Con questo egli fissa l’orizzonte dell’opera salvifica di Dio. Il mistero del male avvolge la storia. Tutti hanno bisogno di essere salvati. In questa prospettiva deve essere colta l’espressione del ver.18: “…l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia..”. Più che “contro” mi sembra meglio rendere il testo con “sopra”: qualunque sia infatti la pretesa di verità e di giustizia da parte dell’uomo, “sopra” ad ogni pretesa, sta l’ira di Dio. L’ira di Dio è il “no” di Dio, che non è tanto e solo contro ciò che è male, ma contro ciò che pretende di essere verità e bene, e pretende quindi di raggiungere Dio stesso, per affermarlo o per negarlo. Questo “no” di Dio non è quindi solo contro quello che può essere colto razionalmente come male, ma anche contro quello che si pretende di affermare come vero e giusto. Questo mi sembra il significato dell’espressione “soffocano la verità nell’ingiustizia”, che alla lettera sarebbe piuttosto “tengono prigioniera la verità nell’ingiustizia”.
Adesso vi porto in un pensiero molto delicato che vi chiedo di considerare con molta cautela, perché, ne sono consapevole, contradice una linea tradizionale del nostro pensiero. Mi consola la nota di una bibbia che sottolinea il “paradosso” usato da Paolo, il quale dice che le “perfezioni invisibili” di Dio, “ossia la sua eterna potenza e divinità”(ver.20), vengono contemplate attraverso le sue opere visibili. Ma questo vuol dire che non c’è una via diretta tra quello che si vede e quello che non si vede, ma, in certo senso, il rovescio; e cioè che lo splendore di quello che vediamo segna il limite ed esige “l’al di là” di Dio, cioè il suo essere sopra ogni nostra razionalità. Prima di mandarmi a quel paese, abbiate la pazienza di pensare che tutta questa storia è per dire che Dio lo si può conoscere solo perché e quando Lui si manifesta e si rivela. Quindi: non quando noi “raggiungiamo” Lui, ma quando Lui viene a noi. Non accettando questo, ci si espone all’idolatria, e cioè al nostro “farci” un dio che non è Dio. E poi anche di adorarlo. Teniamo fermo il nostro sguardo su Gesù, che è il dono supremo di Dio, la piena rivelazione che Dio dona di Sé. Altrimenti ci perdiamo nei “vani ragionamenti” di cui si dice al ver.21.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.