Ero un cattolico praticante, ma tutto è finito quando mia moglie ha imposto la nostra separazione prima, e poi il divorzio. Quando tutto si è sfasciato i nostri due figli avevano quattro e sei anni. Io sono entrato nell’amarezza più assoluta. I bambini sono stati affidati a mia moglie, e ci eravamo detti di non obbligarli ad avere come secondo padre o seconda madre una nostra eventuale compagnia. Io sono andato sempre a trovarli nella nostra casa di famiglia. Adesso vicino a lei c’è un compagno che sempre più abita in casa nostra. Da qui sono cominciati i litigi, perchè mi pare che non sia giusto che cada l’accordo che ci eravamo dati, anche perchè i nostri figli sono nell’età difficile dell’adolescenza. Come dicevo sopra, io, perdendo tutto, ho perso anche la fede. Vivo immerso nel lavoro, per cercare di non pensare troppo alle nostre disgrazie. Avrei quasi voglia che lei don Giovanni prendesse a casa sua i miei figli. Ma so che sono fantasie senza concretezza. Mi dia un consiglio per la vicenda che si è creata adesso. La saluto con simpatia.messaggio firmato.

Caro amico, le devo confidare che ultimamente ho più volte pensato a questa vicenda dei figli di genitori che si separano, e mi sono trovato vicino a quello che lei e sua mogloie avete fatto finora. Al di là di tutte le ragioni e i torti, mi sembra sempre più evidente che le persone di cui si tiene meno conto sono questi piccoli che si vedono divisi tra due case, e in certo modo costretti ad accettare delle presenze che non fanno parte del loro universo affettivo più profondo. Non che sempre questi rapporti vadano male. Anzi, ho visto molte volte nascere relazioni buone e feconde per i ragazzi. Però, senza pensare ad una legge dello Stato, sarebbe opportuno che quando queste vicende dolorose capitano in famiglie in qualche modo legate alla comunità cristiana, una riflessione come quella che avete fatto voi si ponga con molta forza. Se per motivi anche comprensibili, uno deve allontanarsi da casa, sarà bello che possa venire in visita quando vuole, senza troppe regole fisse. Ma i figli è giusto che continuino ad abitare nella loro casa, e che, pur nel dolore della separazione, per loro molto più dolorosa di quanto mostrino, non debbano essere costretti ad un nuovo volto famigliare. Detto questo, non mi stupisco della situazione che è sopraggiunta per la mamma dei suoi ragazzi. E neppure credo si debba litigare: aggiungeremmo tristezza e tristezza. Quando si prendono strade delicate e fragili come quella che voi avete percorso fino ad oggi, bisogna essere consapevoli che tutto può facilmente cambiare. Non riesco neppure a pensare che si tratti di colpe, quanto di quella debolezza che constatiamo anche in noi stessi, ma che negli altri interpretiamo troppo rapidamente come peccato. Ci sono momenti in cui anch’io mi sento sconfortato e chiedo:"Signore, perchè niente funziona?". Ma non è vero: tante cose piccole e grandi, e piene di luce, stanno tra noi, molte volte un po’ nascoste. Il male invece ama manifestarsi in maniera clamorosa. Nel Vangelo è spesso presente una parola molto significativa e poco traducibile nella lingua italiana, che la traduce con i termini della pazienza e della perseveranza. Si tratta piuttosto di sopportazione, ma non nel significato più corrente, quanto come capacità di sostenere stando sotto. Sotto le situazioni e sotto le persone. Una forza che ci consente di servire ciò che amiamo e di portare ciò che pesa fino a schiacciarci. In questo lei mi sembra molto bravo. E molto dentro la grande sapienza di Gesù. Coraggio, dunque. Giovanni della Dozza.