Caro don Giovanni, sono un anziano sacerdote romagnolo e l’ho conosciuta qualche anno fa in un corso di Esercizi Spirituali predicati da lei. Ho tenuto in piedi l’affetto per lei leggendo ogni domenica il testo della sua rubrica. Mi aggiungo a quelli che le scrivono, dicendole che mi piace la speranza che lei mette sempre quando parla delle persone, anche di coloro che non sono nella Chiesa, ma per tante ragioni sembrano vicini. Io quando penso ai miei pochi parrocchiani li penso tutti insieme, sia quelli che frequentano e sono fedeli, sia quelli che hanno sbagliato e sono fuori. Mi sembra che anche lei pensi così. In amicizia sacerdotale. Lettera firmata.

Caro confratello, mi arriva sulla posta il suo messaggio nel giorno in cui mi sono immerso ancora una volta nell’immagine luminosa di quelle messi, dove il Signore cammina, e sono con lui i suoi discepoli, che trasgrediscono il sabato spigolando e mangiando il cibo, che penso povero e indigesto, che resta loro tra le mani. Ma fanno quello che è proibito, perchè la magnanimità della Legge divina che chiede ai proprietari di lasciare che i poveri possano spigolare, anzi addirittura di disporre la mietitura in maniera che qualcosa resti ancora da prendere, quella stessa Legge non può transigere circa il sabato, quando pare che non si possa neanche spigolare. Il testo ci offre uno spaccato affascinante su quell’eterna discussione che gli ebrei intrattengono tra loro intorno all’interpretazione delle Scritture. La Parola è assolutamente certa e ferma, perchè viene da Dio, ma è incessante oggetto di discussione perchè lo stesso Dio l’ha affidata agli uomini. E così gli ebrei continuano a discutere sull’indiscutibile, e non certo per relativizzarlo, ma perchè pensano che non si arrivi mai ad esaurire quello che Dio vuole comunicare: un’interpretazione infinita! E Gesù tira in ballo Davide, e la fame sua e dei suoi compagni per ricordare che in quell’occasione ha preso e mangiato i pani che solo i sacerdoti potevano mangiare. La cosa è delicata, perchè secondo la tradizione rabbinica Davide non ha mai commesso peccati se non nel caso di Betsabea. Quindi, non ha fatto peccato, perchè c’era di mezzo la fame? Allora, si può concludere che forse quel "non poter far niente di sabato" custodito secolarmente dai padri ebrei è perchè il sabato diventi pienezza di azione e di fruizione nel tempo del Messia e della comunità nuova che si raccoglie intorno a Lui? Resta che in ogni modo Gesù guarda al comportamento dei suoi, denunciato dai farisei, non come ad una trasgressione, ma come a una fame. E la fame si placa dando da mangiare e non certo impedendo di nutrirsi perchè è sabato. Gesù rivendica di essere il Signore di un "sabato finale" dove bisogna trovare il modo che tutti possano nutrirsi tra le messi di Dio. Nutrire più che proibire.Nella prima delle tentazioni proposte dal diavolo a Gesù, si ricorda che non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Forse perchè la Parola di Dio custodisce il tesoro di una pane capace di venire incontro e di saziare ogni fame. Con affetto fraterno. d.Giovanni.