36 Balak udì che Balaam arrivava e gli uscì incontro a Ir Moab, che è sulla frontiera dell’Arnon, all’estremità del territorio. 37 Balak disse a Balaam: «Non avevo forse mandato a chiamarti con insistenza? Perché non sei venuto da me? Non sono forse in grado di trattarti con onore?». 38 Balaam rispose a Balak: «Ecco, sono venuto da te; ma ora posso forse dire qualsiasi cosa? La parola che Dio mi metterà in bocca, quella dirò». 39 Balaam andò con Balak e giunsero a Kiriat Cusòt. 40 Balak immolò bestiame grosso e minuto e mandò parte della carne a Balaam e ai prìncipi che erano con lui.
41 La mattina Balak prese Balaam e lo fece salire a Bamòt Baal, e di là vide un’estremità del popolo accampato.
1 Balaam disse a Balak: «Costruiscimi qui sette altari e preparami qui sette giovenchi e sette arieti». 2 Balak fece come Balaam aveva detto; Balak e Balaam offrirono un giovenco e un ariete su ciascun altare. 3 Balaam disse a Balak: «Férmati presso il tuo olocausto e io andrò. Forse il Signore mi verrà incontro; quel che mi mostrerà io te lo riferirò». Andò su di un’altura brulla.
4 Dio andò incontro a Balaam e Balaam gli disse: «Ho preparato i sette altari e ho offerto un giovenco e un ariete su ciascun altare». 5 Allora il Signore mise una parola in bocca a Balaam e gli disse: «Torna da Balak e parla così». 6 Balaam tornò da Balak che stava presso il suo olocausto: egli e tutti i prìncipi di Moab. 7Allora Balaam pronunciò il suo poema e disse:
«Da Aram mi fa venire Balak,
il re di Moab dalle montagne d’oriente:
“Vieni, maledici per me Giacobbe;
vieni, minaccia Israele!”.
8 Come maledirò quel che Dio non ha maledetto?
Come minaccerò quel che il Signore non ha minacciato?
9 Perché dalla vetta delle rupi io lo vedo
e dalle alture lo contemplo:
ecco un popolo che dimora in disparte
e tra le nazioni non si annovera.
10 Chi può contare la polvere di Giacobbe?
O chi può calcolare un solo quarto d’Israele?
Possa io morire della morte dei giusti
e sia la mia fine come la loro».
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Non riesco a staccarmi da un’interpretazione del tutto positiva della figura e della parola di Balaam. Ma devo aggiungere che anche i “passaggi” meno garantiti e magari più sicuramente equivoci, come quei sette altari e i sacrifici che vi si compiono, mi sembra addirittura arricchiscano la forza della testimonianza di Balaam. Infatti, mettono ancora più in evidenza l’intangibile purezza e bellezza della Parola di Dio, anche quando viene accolta e celebrata in contesti “non propri”. Molte volte ho l’impressione che la cura della “proprietà” dei modi sia talmente ossessiva ed esigente, che poi non ci si accorge che la Parola…resta muta! Quando per esempio la Liturgia viene ridotta a ritualismo, il rischio è che neppure si sappia più il perchè e l’intenzione degli stessi gesti liturgici.
Il rapporto tra Balaam e Balak è sempre teso perchè alle offerte e alle richieste prepotenti di Balak, Balaam risponde sempre rivendicando l’invincibile libertà della Parola di Dio. Certamente è necessario sottolineare che Balaam stesso chiede, al ver.1, che si costruiscano gli altari e si preparino i giovenchi. Ma, come dicevo prima, mi sembra che questo accentui ancor più l’evidente potenza della Parola, capace di esprimersi anche in luoghi e circostanze “impropri”. Peraltro, anche Dio stesso sembra prescindere e non avere interesse a quello che è stato preparato per Lui (ver.4), e subito passa alla comunicazione della sua Parola e con questa invia Balaam da Balak (vers.5-6).
Nel suo poema (oracolo, o, alla lettera, parabola), Balaam cita esplicitamente le circostanze del tutto impure e le intenzioni negative per le quali è stato chiamato a maledire il popolo di Dio. E questo introduce in modo forte le parole successive che si presentano non solamente come una “profezia” o una “confessione di fede”, ma anche come una lode estatica e gioiosa! E questo a partire da quel “come” ripetuto due volte! Come contrastare la volontà e l’azione di Dio? Il “come” del ver.8 sarà ampliato e illuminato dal “chi” due volte ripetuto al ver.10.
Mi sembra molto bello anche il coinvolgimento personale e profondo di Balaam in quello che egli vede e annuncia! Si intrecciano cioè l’oggettività della realtà con l’esperienza profonda di lui che la contempla: “…io lo vedo..lo contemplo”(ver.9). E qui due affermazioni: la prima è la nota forte della condizione assolutamente unica e separata di Israele rispetto alle nazioni (ver.9); la seconda torna ad essere la partecipazione profonda e l’aspirazione ricca di speranza con le quali Balaam termina il suo oracolo: “Possa io morire della morte dei giusti e sia la mia fine come la loro”. Enorme è la responsabilità del popolo di Dio di ieri e di oggi davanti a questa appassionata aspirazione di chi è lontano eppure così ardentemente desidera essere assunto nello stesso dono, sino alla fine: la morte dei giusti!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Colpisce l’ineluttabilità della parola di Dio, che viene annunciata e si compie “necessariamente”: “Posso forse dire qualsiasi cosa? La parola che Dio mi metterà in bocca, quella dirò”, afferma Baal. – Si credeva che, perché una maledizione o una benedizione fossero efficaci, la persona che ne era oggetto dovesse essere presente, visibile. Ecco perché Balaam è portato sulle alture da dove poteva vedere, almeno in parte, la distesa degli israeliti accampati. Il vedere e il parlare sono al centro dell’azione del profeta: “quel che (il Signore) mi mostrerà (o mi farà vedere), io te lo riferirò”. Balaam guarda… e poi, con toni forti e poetici, descrive l’impressionante grandezza del popolo di Dio: una descrizione che prefigura il nuovo popolo dei credenti, nella bellezza del suo rapporto con il Padre.
Balaam dirà solo ciò che vuole Dio. E alla fine le sue parole rivelano che davvero non ha potuto maledire Israele. Perché? Perchè è un popolo che “sta solo”, e non si è mescolato e confuso con le nazioni e con il loro pensare. Sono un popolo speciale: Dio li ha separati dalle nazioni. Sono una nazione particolare, eletta da Dio per sé, sono il popolo di Dio. Dio è con loro e li protegge, e Balaam non può maledirli. Dio li ha benedetti, allora anche la sua potenza non può nulla contro di loro, e anche Balaam sarà costretto a benedirli. Insegnamento importante anche per noi: come il popolo di Israele, i cristiani sono benedetti da Dio; Dio è per noi, e Dio è potente. Nessuno è come Dio. Non c’è nessuno che può stregare e nuocere. Dio ha fatto una alleanza eterna con noi attraverso suo Figlio Gesù: Nessuna stregoneria può vincere la forza di Dio, e il Suo popolo è protetto. Dio è e rimane dalla nostra parte e la Sua benedizione, che ci viene confermata dalla Sua parola e dai sacramenti, è su di noi: questo è causa di pace. Numeri 23:11-24 v.20 gr. “Sono stato afferrato da Dio”, mentre Balak cercava di afferrare Balaam perché maledicesse il popolo di Dio, egli è afferrato dal Signore; come di se spesso dicono i profeti (v. Geremia). Per Balaam, che non può maledire Israele, non si tratta poi tanto di benedire, quanto piuttosto di riconoscere che Israele è già benedetto dall’amore del suo Dio. v. 21: “L’acclamazione del re è in mezzo a loro”: come quando Gesù entrò in Gerusalemme, accompagnato da folle esultanti e bambini con rami di palme, che acclamavano al re, il figlio di David. v. 24: “Ecco un popolo sorgerà…”: è il popolo dei cristiani, che per la fede in Gesù risorto, “sorgono” e vivono per Lui. v. 19 “Dio non è un uomo da potersi smentire, non è un figlio dell’ uomo da potersi pentire. Forse Egli dice e poi non fa? Promette una cosa che poi non adempie?” E’ molto importante questo vers. In realtà altre volte nella Bibbia si legge che “Dio si pente”, che “Dio cambia parere”. In conclusione bisogna certamente dire così: Dio resta fermo nella sua parola di benedizione, non si smentisce né si contraddice: il suo dono di bene è senza pentimento. Quanto invece alle minacce di castigo, Dio è pronto a pentirsi e accantonare subito l’ira e il castigo, se il popolo (o gli “stranieri”) lo ascoltano (cfr. Giona a Ninive).